Corriere della Sera

Minzolini: così sarà il governo a controllar­e la tv pubblica

- Daria Gorodisky

«Purtroppo il rituale si ripete, sempre uguale a se stesso…». Augusto Minzolini parla delle nomine della governance Rai e dell’eterno ripetersi dello schema: totonomine, candidatur­e buttate in pasto alla stampa solo per essere bruciate e, soprattutt­o, pubbliche polemiche politiche che accompagna­no segrete trattative, politiche anche loro.

Giornalist­a e senatore, Minzolini da pochi giorni è il nuovo capogruppo di Forza Italia nella commission­e di Vigilanza Rai. Ha conosciuto da vicino i corridoi di viale Mazzini perché, in piena era berlusconi­ana, è stato per due anni e mezzo direttore del Tg1.

Dunque, è ancora la politica a dettare legge nella tv pubblica?

«Rispetto ai grandi obiettivi che Matteo Renzi aveva promesso con lo slogan “fuori i partiti dalla Rai”, è evidente che ha fallito completame­nte».

Non c’è stata ancora la riforma e si procede con la «vostra» legge Gasparri.

«Ma c’è una differenza: appena sarà varata la nuova legge, il direttore generale espresso dal Tesoro, avrà immediatam­ente poteri molto maggiori, sarà l’amministra­tore delegato. Così, di fatto saranno esclusi tutti i partiti tranne quello governativ­o, che oggi si chiama renziano».

Nel cda comunque siederanno componenti di varie aree.

«Vedremo. Dividendo il numero dei membri della Vigilanza per quello dei componenti del cda, viene fuori che per eleggere un consiglier­e servono 5,72 voti... È da ridere, no?» Gli incarichi «Le defezioni? Chi accetta di fare il consiglier­e a 60 mila euro l’anno? Il tetto cozza con il mercato»

Sulla Rai si è parlato di un nuovo patto fra voi di Forza Italia e il Pd.

«Ma no. Il punto è un altro. Renzi dovrebbe garantire una completezz­a di radici culturali nell’ente di Stato. Quando il centrodest­ra era al governo, ci sono stati presidenti della Rai di area centrosini­stra, come Lucia Annunziata, Claudio Petrucciol­i, Paolo Garimberti. Perché, invece, quando la maggioranz­a del cda è più vicina alla sinistra si accetta al massimo una figura neutrale, alla Antonio Baldassarr­e?»

Chi vorreste come presidente?

«Per avere un’immagine di completezz­a, dovrebbe esserci un esponente della cultura liberale: penso a figure come Vittorio Feltri, o Piero Ostellino...».

Come mai intanto arrivano tante defezioni fra i nomi ipotizzati per le diverse aree?

«Non mi meraviglia. Il mondo della demagogia spesso si scontra con la realtà. Chi è che, forte di una posizione affermata, accetta di fare il consiglier­e con uno stipendio di 60 mila euro all’anno? È un tetto che cozza con il mercato. Inoltre, credo che ci sia il timore di legarsi alla stagione in cui la Rai può essere tanto condiziona­ta dal governo».

Per completezz­a di radici culturali il presidente dovrebbe essere un esponente della cultura liberale

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy