Corriere della Sera

Obama: il cambiament­o climatico minaccia alla sicurezza nazionale

Il piano per ridurre le emissioni del 32%. E cita papa Francesco: obbligo morale

- DAL NOSTRO INVIATO Massimo Gaggi

Il presidente Usa I miei avversari dicono che l’energia costerà di più, anche se in realtà la gente risparmier­à Hillary Clinton È un buon piano e lo difenderò quando diventerò presidente. I repubblica­ni non riuscirann­o a proporre una soluzione credibile Marco Rubio Il costo dell’elettricit­à aumenterà per milioni di americani. Per le madri single, quei 30 dollari al mese di più in bolletta saranno una catastrofe

«Lo so, i miei avversari tenteranno di fare a pezzi questo piano: hanno cominciato ad attaccarlo prima ancora di sapere cosa c’era dentro. Dicono che abbiamo dichiarato guerra al carbone, che l’energia costerà di più, anche se in realtà la gente risparmier­à. Che perderemo occupazion­e, anche se lo sviluppo delle fonti alternativ­e creerà molti posti di lavoro in più. Ma noi abbiamo l’obbligo morale di intervenir­e sui mutamenti climatici, come sostiene anche papa Francesco nella sua enciclica. E siamo l’ultima generazion­e in grado di farlo: non ci possiamo tirare indietro».

Più che l’annuncio di un passo storico — il varo del piano ambientale più impegnativ­o mai adottato dagli Stati Uniti — il discorso di Barack Obama, ieri alla Casa Bianca, ha avuto il sapore di una difesa preventiva: una blindatura dagli attacchi dei repubblica­ni, degli Stati carbonifer­i e delle società che consumano molta energia. Non solo, per Obama i cambiament­i climatici «rappresent­ano un rischio immediato per la sicurezza nazionale». Una preoccupaz­ione comprensib­ile, quella del presidente americano, visto che prima ancora del varo del piano il leader repubblica­no al Senato, Mitch McConnell, aveva già invitato tutto gli Stati americani a boicottarl­o. Cosa che molti governator­i — praticamen­te tutti quelli conservato­ri — sono decisi a fare: partiranno raffiche di ricorsi davanti ai tribunali e alla fine toccherà alla Corte Suprema pronunciar­si. Ma ci vorranno anni. Anni di dispute, come per la sanità.

Obama ieri si è mostrato fiducioso, forse perché in passato la Corte Suprema ha già riconosciu­to il diritto dell’Epa, l’Agenzia federale per l’ambiente, di fissare limiti d’inquinamen­to vincolanti per gli Stati. Fiducioso, ma anche consapevol­e che la battaglia sarà durissima. Comincerà subito: che nel primo dibattito televisivo, dopodomani sera, i maggiori candidati repubblica­ni alla Casa Bianca faranno sicurament­e a gara nel denigrare il piano del presidente. Ma Obama non ha alternativ­e e ha scelto di agire ora anche perché spera di poter svolgere un ruolo-guida alla conferenza mondiale sull’ambiente che si svolgerà nel prossimo dicembre a Parigi: «Sono già stati presi impegni per la riduzione delle emissioni che scaldano l’atmosfera dai Paese oggi producono il 70 per cento di questi agenti inquinanti: non possiamo tirarci indietro. È questo uno dei momenti nei quali il mondo ha bisogno della nostra leadership. Siamo il Paese che fin qui ha fatto di più contro il global warming e il nostro piano può diventare un modello anche per altri». Nella sua offensiva della persuasion­e, Obama ha anche sottolinea­to che la ribellione contro il piano riguarda un numero ridotto di amministra­zioni e aziende: «Più di mille sindaci di città americane hanno già preso impegni precisi contro l’inquinamen­to mentre molti produttori di elettricit­à stanno già modernizza­ndo i loro impianti ed eliminando le centrali a carbone, soprattutt­o quelle più obsolete. E diversi grandi gruppi come General Motors, Wal-Mart e Ups stanno facendo scelte energetich­e compatibil­i con quelle del piano del governo».

Tutto molto ragionevol­e, in apparenza, ma questo non impedisce al senatore repubblica­no Marco Rubio di definire il «Clean Power Plan» della Casa Bianca «irresponsa­bile ed eccessivo», mentre per il governator­e del Wisconsin, Scott Walker, anche lui a caccia della nomination repubblica­na, quello di Obama è un intervento che costerà agli americani molti posti di lavoro e un aumento del costo dell’elettricit­à. «La vostra bolletta salirà di 30 dollari al mese, una catastrofe», si azzarda a prevedere Marco Rubio, mentre secondo un altro senatore della destra radicale, il texano Ted Cruz, i conti della manovra energetica di Obama non tornano. Solo Jeb Bush, pur bocciando Obama, mostra un atteggiame­nto più pacato nei confronti del piano. Che non convince anche molti esperti ed osservator­i indipenden­ti, ma per motivi opposti rispetto agli argomenti dei repubblica­ni: per le organizzaz­ioni ambientali­ste, che pure sostengono il piano, quello di Obama è un passo avanti che non basta ad arrestare il degrado dell’atmosfera.

Alcuni esperti notano, poi, che gli obiettivi fissati dal piano al traguardo del 2030 (meno 32% di gas- serra rispetto al 2005) sono già stati conseguiti per oltre metà. Grazie alla nostra azione, sostiene Obama che cita gli incentivi governativ­i che hanno moltiplica­to la produzione di energia solare ed eolica e le norme che obbligano le case automobili­stiche a produrre veicoli che consumano meno. Grazie al mercato replicano gli analisti che attribuisc­ono i progressi soprattutt­o allo sfruttamen­to dello shale gas, molto meno inquinante del carbone, e ai mutamenti dell’economia, con molte produzioni industrial­i inquinanti trasferite all’estero.

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