La sfida sul livello del lago Maggiore E così il Ticino rimane senz’acqua
Il Parco: siccità e consumi record, perso 1 metro in meno di un mese
«Ormai non ci resta che fare la danza della pioggia». Luigi Duse e Claudio Peja, vicepresidente e direttore del Parco del Ticino, mostrano preoccupatissimi i livelli del lago Maggiore nell’ultimo mese. Sono numeri che, da soli, dicono tutto: 121 centimetri il 5 luglio, 101 e mezzo il 15, meno di 87 lunedì 20, 77 giovedì 23, 63 lunedì scorso, meno di 50 giovedì, meno di 33 domenica, 26 ieri mattina e 23 ieri sera. E oggi la quota dovrebbe scendere sotto i venti.
In meno di un mese, insomma, il lago formato dal Ticino e dal quale il «fiume azzurro» (così lo chiamava Paolo Monelli) esce per scendere verso il Po dove confluisce dopo avere rifornito cinque canali, sei centrali elettriche, settemila aziende agricole di eccellenza e alcuni milioni di persone, è calato di circa un metro. Ed è destinato, salvo l’arrivo di una pioggia benedetta (pioggia vera, non un passeggero scroscio d’acqua) a scendere ancora e ancora e ancora. Finché, Dio non voglia, arriverà allo zero altimetrico. E a quel punto smetterà di rifornire il grande fiume padano, che è corto rispetto ad altri ma è il secondo per portata d’acqua dopo il Po. Con danni pesanti per tutti, dalle imprese agli agricoltori, dal Parco all’Expo.
Un incubo. Che riaprirebbe le ferite economiche, ambientali e psicologiche dell’estate torrida del 2003. Quando i disastri dovuti alla siccità («Al contrario di quanto pensano gli estranei all’agricoltura i disastri di una carestia d’acqua hanno ripercussioni gravissime per anni e anni, molto più di un’alluvione», spiega Peja) spinsero l’allora capo della protezione civile Guido Bertolaso e il governo Berlusconi a ripensare un po’ i termini di un antico accordo con la Svizzera firmato in un’epoca lontana ormai anni luce. Accordo che prevedeva un livello massimo delle acque del lago Maggiore fino a un metro e mezzo sopra lo zero idrometrico in inverno e solo un metro in primavera ed estate.
Una scelta via via contestata (con l’eccezione degli albergatori del lago, interessati ad avere le spiagge più larghe possibile) dagli italiani: perché mai lasciare che enormi quantità di acqua se ne andassero al mare in primavera quando potevano essere trattenute dalla diga della Miorina, a Castelletto sopra Ticino, per esser liberata a valle in estate nei casi di periodi di siccità? Gli svizzeri, come già abbiamo raccontato, fecero per un po’ buon viso a cattivo gioco. Finché nel 2014 chiesero il rispetto dei vecchi patti. Contestando la scelta unilaterale italiana: «Semmai dobbiamo decidere insieme».
Mesi di trattative, bracci di ferro, ricorsi al Tar, accuse e contro accuse ( « Se noi per qualche anno abbiamo trattenuto più acqua», spiega Claudio Peja, «loro, gli svizzeri, hanno realizzato 6 bacini idrici montani per oltre 60 milioni di metri cubi senza preoccuparsi di sentire nessuno») finché il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti ha accettato una mediazione: mollata la trincea dei 150 centimetri, indifendibile data l’ostilità dei ticinesi e di chi vive sul turismo del lago, accordo fatto su 125.
Meglio che niente, secondo gli ottimisti. Troppo poco, secondo gli scettici come appunto i responsabili del Parco che già in primavera, appoggiati dal Fondo Ambiente Italiano, avvertivano: «Si sta sprecando giorno dopo giorno una enorme quantità di acqua che potrebbe essere fondamentale per la riserva naturale e per l’agricoltura. Tanto più che una eventuale siccità sarebbe resa quest’anno ancora più grave dal consumo di acqua supplementare, enorme, dell’Expo». Commento dei soliti sapientoni: uffa, questi gufi...
I fatti, purtroppo, sembrano dare loro ragione. Estate torrida, fiumi padani in secca a cominciare dal Po, acqua caldissima (nelle pozze del parco naturale ticinese è a 25 gradi: troppi) con rischi per la stessa salute della fauna. E le previsioni meteo che promettono ancora sole, sole, sole. Ottimo per i vacanzieri. Non per i contadini, angosciati.
Già ieri (e la situazione pare avviata a peggiorare) il Consorzio del Ticino ha dovuto decidere di tagliare 5 metri cubi al secondo al Naviglio Grande (quello che scende verso Milano e la darsena di Porta Ticinese) più 4,5 al Canale Villoresi (cioè all’agricoltura, vista l’ovvia intoccabilità dell’Expo «verde » dove una crisi idrica ci esporrebbe a una figuraccia) più 15 al Canale industriale che alimenta le centrali e la galassia produttiva di mezza Lombardia.
Ma è solo l’inizio. Un paio di giorni, e giovedì dovrebbe essere decisa una ulteriore razionalizzazione. Tradotto: ancora meno acqua a disposizione. E sospirare «avevamo ragione, purtroppo» non è affatto consolatorio…
I tagli È già iniziata la razionalizzazione: meno risorse idriche, giovedì nuovi tagli