Hollywood stregata dalle attrici inglesi
La pattuglia guidata da Mulligan: ci scelgono perché meticolose Pike, Knightley, Winslet tra le altre dive preferite dagli studios Prima c’è stata l’invasione al maschile, ora tocca alle donne
Le ragioni Molto spesso i registi ci offrono ruoli in costume, forse per le nostre radici
Carey Mulligan
Hollywood e Broadway registrano un’altra invasione inglese. Questa volta — dopo che il cinema americano si è letteralmente inchinato ad attori anglosassoni come Michael Fassbender, Eddie Redmayne, Benedict Cumberbatch — al femminile.
A capitanare questa ondata — insieme a Keira Knightley, Kate Winslet, Sienna Miller — c’è Carey Mulligan, ex Daisy in Il Grande Gatsby e nomination agli Oscar con An Education. Sta finendo di girare Suffragette, insieme a Meryl Streep, AnneMarie Duff e Helena Bonham-Carter, tutte anglo-irlandesi: «Sono decisamente fiera di far parte di un gruppo sempre più nutrito: oltre a loro ci sono Rosamund Pike, Rachel Weisz, Emily Blunt, Tilda Swinton». E ancora Emily Watson, Miranda Richardson, Sally Hawkins «che in Blue Jasmin di Woody Allen mi è piaciuta tanto».
La deferenza del mondo dello spettacolo di Los Angeles per gli attori d’Oltremanica è nota: basta ricordare la passione per Julie Andrews, gli impegni di Helen Mirren, il mito di Julie Christie icona pop insuperabile della «swinging London» e, molto prima, l’ammirazione per Vivien Leigh/Rossella in Via col vento, l’adorazione per Vanessa Redgrave, Judi Dench, Lady Maggie Smith, la sempre citata Jessica Tandy e Audrey Hepburn che per tutta la sua vita negli Usa fu l’emblema delle attrici British.
«Molto spesso», ammette Mulligan, in attesa del primo figlio dal marito musicista (Marcus Mumford, leader della band indie folk Mumford & Sons), «Hollywood ci offre ruoli in costume»: proprio in questi giorni Kate Winslet riconquista la platea americana nei panni di una paesaggista di Versailles alla corte del re Luigi XIV in Le regole del caos, e l’anglofilia per la serie britannica « Downton Abbey » ( gli Usa aspettano l’ultima serie e si sprecano le anticipazioni) sta imponendo a Hollywood la brava Michelle Dockery formatasi al National Youth Theatre di Londra.
«Però non è la regola per forza. Kate, ad esempio, mi raccontava della sua gioia per essere stata scelta dal nostro Danny Boyle e al fianco di Michael Fassbender per il film Steve Jobs, dove lei impersona un membro del team della Macintosh, molto attuale quindi. E anche io passo dai film in abiti contemporanei a quelli in costume, come in Via dalla pazza folla, dal romanzo di Thomas Hardy».
Mulligan riconosce che la globalizzazione del cinema porta risultati positivi senza togliere agli attori le loro radici culturali ed etniche: «Il film dal libro di Thomas Hardy — puntualizza — è diretto dal danese Thomas Vinterberg, con me recitano il belga Matthia Schenaerts, il londinese Tom Sturridge, la mia amica londinese Juno Temple, figlia d’arte , madre produttrice e padre regista, e l’inglesissimo Martin Sheen, che a differenza dei colleghi londinesi ha scelto di vivere per un po’ a Los Angeles».
È impegnata sul piano umanitario: «Ho fatto un lungo viaggio nella Repubblica Democratica del Congo per l’associazione War Child Uk della quale faccio parte in prima linea dopo che mio fratello, maggiore di me di due anni, era andato in Afghanistan»; e nessuno, nella sua famiglia, a parte lei ha a che fare con lo spettacolo. «Ma mia madre, che lavora in un’università, ha sempre sostenuto la mia vocazione oltre a offrirmi strumenti di lettura utilissimi per i miei impegni teatrali. Applaude ogni volta che torno in teatro; come è accaduto prima a Londra e poi con il trasferimento a Broadway di Skylight con Bill Nighy, un altro connazionale richiestissimo dal cinema americano».
Inglese è anche l’autore della pièce, David Hare. «Noi inglesi siamo meticolosi nel mestiere e vocazione della recitazione e a me piace variare. Mi sono divertita e impegnata con i fratelli Coen per il loro Inside Llewyn Davis ».
Confessa di aver avuto un Pigmalione: «Julian Fellowes,il creatore di “Downton Abbey”. No, non sono competitiva, ma ho invidiato a Marion Cotillard, attrice da me prediletta, la possibilità di lavorare con i fratelli Dardenne».