Atletica, la bufera doping Una ricerca del 2011 inguaia sempre più la Iaaf
La volle la federazione, ma visti i risultati la fece sparire
Adesso la bomba è esplosa: lo scoop giornalistico, le «gole profonde » all’interno della Iaaf. Ma lo scandalo doping che sta travolgendo l’atletica mondiale, divulgato domenica scorsa dell’inglese Sunday Times e della tv tedesca Ard, è in realtà pubblico dal 2011, quando fu raccontato nei minuti dettagli in un report facilmente reperibile in Rete. Un documento che qualcuno ha incredibilmente coperto lasciando ai dopati (e a chi li ispira) un vantaggio di quattro lunghissimi anni.
È infatti il maggio del 2011 quando la rivista scientifica americana Clinical Chemistry pubblica un articolo di 7 pagine intitolato «Prevalenza di doping ematico tra specialisti dell’atletica leggera». Pur nella freddezza del linguaggio scientifico, il testo è scioccante: l’analisi di 7.289 campioni di sangue raccolti a 2.737 atleti di altissimo livello di tutto il mondo individua un 14% medio di violazioni evidenti del passaporto biologico, con nazioni dove i presunti dopati arrivano al 48%. Uno su due. Dati sovrapponibili a quelli del Times. «Un fenomeno esteso e con variazioni abnormi — scrivevano gli autori — da non consentire spiegazioni alternativa al doping: ecco perché riteniamo che la percentuale di positivi nell’atletica leggera (all’epoca l’1,3%) sottostimi il problema».
La Iaaf adottò il passaporto biologico nel 2010: il primo sospeso (la maratoneta Inga Abitova) arriverà solo a fine 2012, gli altri col contagocce. Ma chi firmò quella ricerca, dimenticata in Rete? Un giovane borsista? No, un pool di ricercatori importanti capeggiato dallo svizzero Pierre-Edouard Sottas, tra i massimi esperti di doping ematico al mondo. Tra loro l’italiano Giuseppe Fischetto, medico coinvolto nel caso Schwazer, ma anche membro della commissione scientifica della Iaaf. E con lui Gabriel Dollè, ex direttore del reparto antidoping federale, dimessosi lo scorso anno dopo essere stato accusato di aver coperto il doping della maratoneta russa Shobukhova. Nessuno, terminata la ricerca e consegnato l’articolo alla rivista — prestigiosa ma letta da specialisti — si sentì in dovere di alzare la mano e dire: scusate, ma qui sta crollando tutto. L’articolo, infatti, dopo aver presentato una situazione da terremoto di settimo grado, si concludeva con un «applicare meglio il passaporto biologico significherebbe proteggere la lealtà di questo sport e la salute degli atleti». Dal 2013 a oggi la Iaaf ha sospeso per irregolarità una cinquantina di atleti, un quinto dei potenziali dopati, quasi tutti nomi di secondo piano. E gli