Oltre 5 milioni di siriani pronti a partire Il grande esodo e i duecento corpi in mare
Oltre 5 milioni pronti a lasciare la Siria, fuga anche dall’Africa
Quelladelle grandi migrazioni è la crisi più grave dalla Seconda guerra mondiale, dice il commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos. Il primo aumento nel flusso degli arrivi si percepisce a partire da gennaio ma la grande accelerazione è stata a luglio. L’ultimo bilancio, aggiornato ieri dall’Alto commissariato Onu, è di oltre 300 mila persone che hanno attraversato il Mediterraneo dall’inizio del 2015. Circa 2.500 i morti. Oltre 5 milioni di sfollati si preparano a partire dalla Siria. Ieri l’ultima tragedia: 200 corpi in mare al largo della Libia.
Èla più grave crisi di rifugiati dalla Seconda guerra mondiale, dice il commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos. L’Europa si scopre prima linea di un’emergenza globale, punto di caduta di conflitti che sconvolgono Medio Oriente, Asia, Africa. Le migrazioni resteranno il tratto distintivo del nostro tempo, spostamenti di masse in cerca di opportunità e diritti su rotte di morte e speranza. Un fenomeno che secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni non si arresterà prima del 2050, quando la popolazione mondiale si assesterà sui 910 miliardi di persone. Fino ad allora l’Europa, epicentro del terremoto dell’estate 2015, dovrà affrontare una serie di aggiustamenti normativi e culturali, dalla revisione delle regole sul diritto d’asilo fino all’elaborazione di una strategia complessiva per affrontare scenari geopolitici sempre più fluidi. A che punto siamo nella nuova ondata migratoria?
L’impennata
Il primo aumento nel flusso degli arrivi si percepisce a partire da gennaio ma la grande accelerazione è quella di luglio, quando gli ingressi illegali in territorio Ue balzano, dai 70 mila di giugno, a 107.500. Solo in Grecia dall’inizio dell’anno gli ingressi (legali e non) sono stati 160 mila, contro i 50.242 registrati in tutto il 2014. La maggior parte da Siria, Iraq e Afghanistan. Migranti che poi tentano la traversata dei Balcani attraverso la Macedonia, per passare in Serbia e in Ungheria, Romania o Bulgaria. Nei prossimi mesi si prevede che da questa rotta passino circa 3 mila persone al giorno. Sul fronte mediterraneo l’ultimo bilancio, aggiornato ieri dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati, è di oltre 300 mila persone che hanno preso il mare per l’Europa dall’inizio del 2015. Circa 2.500 i morti e dispersi. In un’unica giornata, sabato 22 agosto, nelle acque che separano l’Italia dalle coste libiche sono state tratte in salvo 4.400 persone. In Siria oltre 5 milioni di sfollati interni aspettano un’occasione per partire. Come spiega Tana de Zulueta, presidente del Comitato italiano per l’Agenzia Onu dei rifugiati palestinesi con una lunga esperienza in missioni Osce e Ue, «metà degli 11 milioni di sfollati siriani ha già lasciato il Paese, gli altri sono pronti a seguirli, in un contesto regionale dove a conflitti dichiarati si aggiungono tensioni sotterranee, ad esempio in Libano, che riemergendo farebbero esplodere la polveriera mediorientale».
Le migrazioni fanno da sempre parte della storia dell’umanità. Un fenomeno oggi amplificato e reso inevitabile dalle crisi umanitarie in corso; dai cambiamenti climatici; dalla scarsità di candidati a svolgere lavori sottopagati nei Paesi più ricchi malgrado la crisi socioeconomica; dal deficit demografico che oppone, a un Nord che non cresce e che nei prossimi dieci anni vedrà un sensibile calo della forza lavoro, un Sud abitato da popolazioni giovani e senza occupazione. Per avere un’idea: la Ue conta 550 milioni di abitanti, le Nazioni Unite stimano che in trent’anni il continente africano raggiungerà un numero pari a tre volte quello della Ue.
Cosa fa l’Europa?
Per ora procede in ordine sparso. La maggior parte dei Paesi più colpiti, dove i governi devono gestire anche l’allarme sociale alimentato dalle destre populiste, sceglie la linea dura. Accade per Regno Unito e Francia che hanno stretto un patto di sicurezza sulla Manica. Accade nel Centro-Est che alza muri materiali e mentali. Non in Germania, che quest’anno aspetta il record di 800 mila richieste d’asilo e ha sospeso l’applicazione del regolamento di Dublino rifiutando di rimandare indietro i profughi siriani. La Ue ha triplicato i fondi per le missioni nel Mediterraneo (da ottobre la Eunavfor Med potrebbe essere autorizzata ad arrestare i trafficanti in mare), ha previsto finanziamenti supplementari per i Paesi di primo accesso come l’Italia, l’Ungheria e la Grecia in crisi politica, e ha elaborato un’Agenda immigrazione per redistribuire i migranti secondo criteri più equi in una logica che dovrebbe unire «responsabilità» e «solidarietà». I ministri degli Interni hanno raggiunto un accordo di massima per la ripartizione di circa 32 mila persone in due anni. La Ue vuole strappare entro fine anno l’impegno per 40 mila migranti che potrebbero poi arrivare a 60 mila. Numeri ridotti e soluzioni parziali. «Servono subito visti temporanei, quote più alte, un sistema rafforzato di protezione internazionale» sostiene il direttore dell’Oim William Lacy Swing. A ottobre i ministri di Esteri e Interni si vedranno a Parigi, a novembre il vertice Ue-Africa a Malta. C’è una nuova consapevolezza politica nelle istituzioni comunitarie: dopo lo choc, si aspettano misure concrete.
La rete criminale
Esiste già un’Europa che collabora, s’aiuta e divide i profitti: è quella delle mafie. Il caso del camion pieno di cadaveri scoperto giovedì in Austria (targa ungherese, proprietà prima ceca e poi slovacca, immatricolazione fatta da un rumeno, spalloni bulgari e ungheresi) dimostra che le grandi gang crimina-