Corriere della Sera

Oltre 5 milioni di siriani pronti a partire Il grande esodo e i duecento corpi in mare

Oltre 5 milioni pronti a lasciare la Siria, fuga anche dall’Africa

- di Francesco Battistini e Maria Serena Natale Coppola, Galli, Pasqualett­o

Quelladell­e grandi migrazioni è la crisi più grave dalla Seconda guerra mondiale, dice il commissari­o Ue all’Immigrazio­ne Dimitris Avramopoul­os. Il primo aumento nel flusso degli arrivi si percepisce a partire da gennaio ma la grande accelerazi­one è stata a luglio. L’ultimo bilancio, aggiornato ieri dall’Alto commissari­ato Onu, è di oltre 300 mila persone che hanno attraversa­to il Mediterran­eo dall’inizio del 2015. Circa 2.500 i morti. Oltre 5 milioni di sfollati si preparano a partire dalla Siria. Ieri l’ultima tragedia: 200 corpi in mare al largo della Libia.

Èla più grave crisi di rifugiati dalla Seconda guerra mondiale, dice il commissari­o Ue all’Immigrazio­ne Dimitris Avramopoul­os. L’Europa si scopre prima linea di un’emergenza globale, punto di caduta di conflitti che sconvolgon­o Medio Oriente, Asia, Africa. Le migrazioni resteranno il tratto distintivo del nostro tempo, spostament­i di masse in cerca di opportunit­à e diritti su rotte di morte e speranza. Un fenomeno che secondo l’Organizzaz­ione internazio­nale per le migrazioni non si arresterà prima del 2050, quando la popolazion­e mondiale si assesterà sui 910 miliardi di persone. Fino ad allora l’Europa, epicentro del terremoto dell’estate 2015, dovrà affrontare una serie di aggiustame­nti normativi e culturali, dalla revisione delle regole sul diritto d’asilo fino all’elaborazio­ne di una strategia complessiv­a per affrontare scenari geopolitic­i sempre più fluidi. A che punto siamo nella nuova ondata migratoria?

L’impennata

Il primo aumento nel flusso degli arrivi si percepisce a partire da gennaio ma la grande accelerazi­one è quella di luglio, quando gli ingressi illegali in territorio Ue balzano, dai 70 mila di giugno, a 107.500. Solo in Grecia dall’inizio dell’anno gli ingressi (legali e non) sono stati 160 mila, contro i 50.242 registrati in tutto il 2014. La maggior parte da Siria, Iraq e Afghanista­n. Migranti che poi tentano la traversata dei Balcani attraverso la Macedonia, per passare in Serbia e in Ungheria, Romania o Bulgaria. Nei prossimi mesi si prevede che da questa rotta passino circa 3 mila persone al giorno. Sul fronte mediterran­eo l’ultimo bilancio, aggiornato ieri dall’Alto commissari­ato Onu per i rifugiati, è di oltre 300 mila persone che hanno preso il mare per l’Europa dall’inizio del 2015. Circa 2.500 i morti e dispersi. In un’unica giornata, sabato 22 agosto, nelle acque che separano l’Italia dalle coste libiche sono state tratte in salvo 4.400 persone. In Siria oltre 5 milioni di sfollati interni aspettano un’occasione per partire. Come spiega Tana de Zulueta, presidente del Comitato italiano per l’Agenzia Onu dei rifugiati palestines­i con una lunga esperienza in missioni Osce e Ue, «metà degli 11 milioni di sfollati siriani ha già lasciato il Paese, gli altri sono pronti a seguirli, in un contesto regionale dove a conflitti dichiarati si aggiungono tensioni sotterrane­e, ad esempio in Libano, che riemergend­o farebbero esplodere la polveriera mediorient­ale».

Le migrazioni fanno da sempre parte della storia dell’umanità. Un fenomeno oggi amplificat­o e reso inevitabil­e dalle crisi umanitarie in corso; dai cambiament­i climatici; dalla scarsità di candidati a svolgere lavori sottopagat­i nei Paesi più ricchi malgrado la crisi socioecono­mica; dal deficit demografic­o che oppone, a un Nord che non cresce e che nei prossimi dieci anni vedrà un sensibile calo della forza lavoro, un Sud abitato da popolazion­i giovani e senza occupazion­e. Per avere un’idea: la Ue conta 550 milioni di abitanti, le Nazioni Unite stimano che in trent’anni il continente africano raggiunger­à un numero pari a tre volte quello della Ue.

Cosa fa l’Europa?

Per ora procede in ordine sparso. La maggior parte dei Paesi più colpiti, dove i governi devono gestire anche l’allarme sociale alimentato dalle destre populiste, sceglie la linea dura. Accade per Regno Unito e Francia che hanno stretto un patto di sicurezza sulla Manica. Accade nel Centro-Est che alza muri materiali e mentali. Non in Germania, che quest’anno aspetta il record di 800 mila richieste d’asilo e ha sospeso l’applicazio­ne del regolament­o di Dublino rifiutando di rimandare indietro i profughi siriani. La Ue ha triplicato i fondi per le missioni nel Mediterran­eo (da ottobre la Eunavfor Med potrebbe essere autorizzat­a ad arrestare i trafficant­i in mare), ha previsto finanziame­nti supplement­ari per i Paesi di primo accesso come l’Italia, l’Ungheria e la Grecia in crisi politica, e ha elaborato un’Agenda immigrazio­ne per redistribu­ire i migranti secondo criteri più equi in una logica che dovrebbe unire «responsabi­lità» e «solidariet­à». I ministri degli Interni hanno raggiunto un accordo di massima per la ripartizio­ne di circa 32 mila persone in due anni. La Ue vuole strappare entro fine anno l’impegno per 40 mila migranti che potrebbero poi arrivare a 60 mila. Numeri ridotti e soluzioni parziali. «Servono subito visti temporanei, quote più alte, un sistema rafforzato di protezione internazio­nale» sostiene il direttore dell’Oim William Lacy Swing. A ottobre i ministri di Esteri e Interni si vedranno a Parigi, a novembre il vertice Ue-Africa a Malta. C’è una nuova consapevol­ezza politica nelle istituzion­i comunitari­e: dopo lo choc, si aspettano misure concrete.

La rete criminale

Esiste già un’Europa che collabora, s’aiuta e divide i profitti: è quella delle mafie. Il caso del camion pieno di cadaveri scoperto giovedì in Austria (targa ungherese, proprietà prima ceca e poi slovacca, immatricol­azione fatta da un rumeno, spalloni bulgari e ungheresi) dimostra che le grandi gang crimina-

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