Corriere della Sera

Bimba dell’insulina La nuova vita della famiglia riunita

- Alessandra Coppola Andrea Galli

Di cosa avete bisogno, adesso? «Di un po’ di pace e di vestiti, qui a Stralsund l’inverno sarà duro e abbiamo finito i soldi. Comunque ce la faremo. L’importante era arrivare: lo dovevamo a Raghad». Mohamed Hasoun, dopo aver raggiunto l’Egitto dalla Siria, lasciata per scappare dal caos, a luglio aveva attraversa­to il Mediterran­eo con moglie e sei figlie per curare in Germania con le staminali la quartogeni­ta, undici anni, gravemente malata di diabete e morta sul barcone. Gli scafisti avevano gettato le scorte d’insulina.

Stralsund è nel Nord della Germania. Dal centro per i profughi Mohamed, cinquant’anni, proprietar­io ad Aleppo di un noto negozio che distribuiv­a farmaci venduto per pagare il lungo soggiorno al Cairo e poi i trafficant­i, ha poco tempo a disposizio­ne per raccontare. «Passo la giornata a studiare il tedesco. Debbo trovare in fretta un lavoro. All’inizio va bene uno qualunque. Più avanti mi piacerebbe un impiego che mi permetta di portare esperienza e ricambiare l’aiuto dei tedeschi: il commercian­te».

La tragica storia degli Hasoun è anche una storia di fiducia. La loro (in nessuna delle foto inviateci da Mohamed mancano sorrisi) e quella di sconosciut­i incontrati lungo il viaggio. In Sicilia ci sono stati il procurator­e capo di Siracusa Francesco Paolo Giordano e i suoi sbirri cacciatori di scafisti che hanno subito bloccato tre trafficant­i; sempre in Sicilia c’è stata Nawal Soufi, giovane di origini marocchine, residente a Catania e punto di riferiment­o per i profughi che sbarcano in Italia; a Milano c’è stato il personale di Casa Suraya, che ha affiancato genitori e figlie con un gruppo di esperti per iniziare a parlare della scomparsa di Raghad; infine in Germania c’è stato l’avvocato Matthias Sauer.

Sarà vero che in altre nazioni, a differenza che da noi, l’accoglienz­a dei profughi ha minor burocrazia e una maggior velocità d’esecuzione, però l’inizio degli Hasoun non è stato facile. In base a ragioni non precisate, che restano ignote a Mohamed, le autorità volevano separare ragazze e bimbe in centri a distanza chilometri­ca. L’avvocato, trovato e convinto da Nawal, ha preso a cuore il La famiglia Nailà ( moglie di Mohamed Hasoun e mamma di Raghad, con le altre cinque figlie in Germania, raggiunta dopo un lungo viaggio attraverso il Mediterran­eo, l’Italia e l’Austria. Raghad è morta in mare: era malata di diabete e gli scafisti avevano gettato in acqua le scorte di insulina. La fotografia è stata scattata da Mohamed, il capofamigl­ia siriano. La prima bambina sulla sinistra è la figlia di una coppia di amici caso e l’ha risolto. Oggi il papà, mamma Nailà e Joud, Mona, Hiba, Nour e Hala sono insieme. Stanno cercando le scuole per riprendere gli studi. La maggiore va all’università (al Cairo frequentav­a Farmacia), le altre alle superiori e alle elementari. «Ne avevamo già parlato», dice Mohamed «di quant’era brava Raghad. Viveva per disegnare e scrivere, voleva lasciare traccia di ogni suo pensiero, ogni sua idea. Quando avevo comunicato in casa l’intenzione di abbandonar­e l’Egitto, dove c’è un pericoloso clima verso gli stranieri, specie noi siriani, avevo chiesto alle mie figlie un parere. Dopodiché avremmo deciso. Raghad si sentiva in difficoltà, aveva paura che con la sua malattia avrebbe rallentato il viaggio. Non sapete quante volte, di giorno e di notte, quando sono su un bus oppure mi sto lavando il viso, risento la sua implorazio­ne. Sì, ci implorava per il nostro bene di partire senza di lei».

Mohamed e la moglie avevano due zaini con le riserve di insulina. Uno si inzuppò nel

La tragedia Le medicine gettate dagli scafisti: l’11enne diabetica è morta durante la traversata Il padre «Sono qui con le altre cinque figlie, studio il tedesco, vorrei fare il commercian­te»

raggiunger­e dalla spiaggia il barcone (gli scafisti avevano ordinato di percorrere a piedi il tratto in acqua, un centinaio di metri) e l’altro zaino, che Nailà sollevava mentre il mare le copriva gli occhi, fu preso da uno dei traghettat­ori e gettato via. In galera gli arrestati tacciono, ma è probabile che chi ha lanciato i farmaci sia in Egitto. Il sostituto commissari­o Carlo Parini, un omone buono a capo dei cacciatori di scafisti di Siracusa, giura che andrà per mezzo mondo pur di prenderlo. È un pensiero fisso. Ovunque la si guardi. Dice Mohamed: «Siamo arrivati in Germania dall’Austria. Treni, bus, macchine. A piedi. Fosse servito, avrei portato in braccio e per settimane fino al confine tedesco le mie figlie, una a una. Non potevo fermarmi. Sono già colpevole della morte di Raghad: non sono riuscito a proteggerl­a».

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