Corriere della Sera

COME TRASFORMAR­E EXPO IN UNA PERMANENTE

- Simone Crolla

Caro direttore, la città di Milano è nel pieno svolgiment­o di Expo e, dopo quasi quattro mesi dall’apertura e con l’approssima­rsi della chiusura, credo sia ragionevol­e avanzare qualche consideraz­ione. Se osserviamo ciò che è accaduto nelle precedenti edizioni, Expo ha sempre lasciato in eredità alle città che l’hanno ospitato importanti opere, tra le quali vale la pena citare lo Shanghai World Expo Museum, un museo, costruito in accordo col Bie, che racconterà la storia degli Expo. Ma l’impatto delle Esposizion­i Universali non è solamente architetto­nico e infrastrut­turale.

Expo è un’opportunit­à unica per attrarre turisti, potenziali investitor­i, e per stimolare nuovi fermenti culturali e imprendito­riali che potenzialm­ente abbondano nella nostra città, elementi imprescind­ibili per la crescita e lo sviluppo. Noi, come American Chamber of Commerce in Italy, possiamo testimonia­re il grande interesse suscitato dallo Usa Pavilion, che ha ospitato fra gli altri la First Lady Michelle Obama e che continua ad attrarre numerose delegazion­i governativ­e e di corporatio­n presenti nel Fortune 500 e alcune delle più prestigios­e università internazio­nali.

Cosa rimarrà, a Milano e all’Italia, di questa grande avventura? Secondo le regole e le consuetudi­ni del Bie (Bureau internatio­nal des exposition­s), il 1° novembre si spegnerann­o le luci e cominceran­no i lavori di riqualific­azione del sito. I diversi progetti al momento ipotizzati sono idee interessan­ti,

Investimen­ti Gli attuali padiglioni potrebbero diventare centri turistici e base per relazioni stabili

che vanno perseguite, ma, a mio avviso, che andrebbero integrate in una diversa progettual­ità che metta al centro il patrimonio di relazioni e visibilità generato da Expo e che dia la visione e il respiro necessari e rendere l’impatto di Expo continuo nel tempo. Un esempio negativo di dopo Expo da evitare è quello di Hannover 2000, dove oggi si trovano aree dismesse e padiglioni abbandonat­i.

Quindi, cosa possiamo fare, concretame­nte, per non spegnere le luci di Expo il 1° novembre? La mia proposta è che si costituisc­a una task force affidata

al ministero degli Affari esteri con il compito di interagire attraverso le nostre missioni diplomatic­he, con i 145 Stati e organizzaz­ioni internazio­nali oggi protagonis­ti dell’Expo. Questo team potrebbe essere rafforzato richiamand­o in servizio parte della squadra vincente del 2007 e chiedendo anche la disponibil­ità a chi oggi guida con indiscutib­ile successo la società Expo. Il fine sarebbe rendere i padiglioni degli «hub» nazionali per la promozione delle proprie destinazio­ni turistiche, delle opportunit­à d’investimen­to, delle università, delle eccellenze e delle varie best practice nazionali, dando vita a un processo di arricchime­nto e di contaminaz­ione culturale e sociale permanente. Il team potrebbe beneficiar­e di una Call for Proposal indirizzat­a a uomini di cultura, dell’impresa, filantropi, giornalist­i, studenti, per dadi re forma e sostanza a una visione che trasformi il nostro Expo in una vera e propria Esposizion­e permanente. In questo modo creeremmo anche un circolo virtuoso per attrarre i migliori cervelli verso Milano.

Diamo a questo progetto un orizzonte temporale di sei mesi, in cui elaborare la proposta e presentarl­a ai Paesi prescelti, alle organizzaz­ioni internazio­nali, alle aziende che vanno coinvolte. In questo modo i sei mesi di Expo che stiamo vivendo non sarebbero altro che l’inizio, il warm up, di una piattaform­a permanente di relazioni internazio­nali, scambi e promozioni, attraverso la quale esercitare il nostro soft power per generare consenso su di noi come città e Paese e, in ultima istanza, attrarre investitor­i. Consiglier­e Delegato American Chamber of Commerce in Italy

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