Corriere della Sera

Particolar­i

- Melisa Garzonio

«Nulla qui è lasciato al caso. I dettagli verdi richiamano la sagoma del Redentore, là fuori»

bevute di Hemingway, le grandi abbuffate di Orson Welles, lo struscio ad alto tasso alcolico di divi e dive, contesse, poeti, pittori? Una storia che diventa imperdibil­e, se a raccontarl­a è lo stesso Arrigo, 82enne, in modalità casalinga, senza giacca e cravatta regimental ma in jeans e t-shirt color rosa aragosta, seduto sul divano fiorito del suo soggiorno, a fianco della moglie Ina (Tommasina), «una delle più belle ragazze di Venezia», che negli anni gli ha dato tre figli, Giuseppe, oggi amministra­tore delegato Cipriani Usa, Carmela, scrittrice, e Giovanna, giornalist­a Rai. Sul tavolo in marmo chiaro una bottiglia ghiacciata di Chardonnay friulano Cancello delle Lune (un vinello che scorre a fiumi nei calici dell’Harry’s Bar) e una coppia di bicchieri in cristallo, piccoli, fatti per bere «senza essere obbligati a stortare il collo. I bicchieron­i non sono eleganti, ditelo agli chef stellati. Io lo spiego ai miei studenti di Ca’ Foscari dove tengo un corso che si chiama Semplicità complessa. Ecco, per esempio, la nostra casa ha uno stile semplice, sobrio, elegante, ma l’eleganza non è vuotezza di contenuti. Questa poltrona verde non è stata messa qui per caso. Chi si siede capisce che c’è un legame profondo con la sagoma del Redentore che si staglia nella cornice della finestra. Ecco, semplicità e complessit­à vanno insieme».

La casa è ampia, eppure sembra minuta, è distribuit­a su due piani, ha ampie camere per gli ospiti e i sette nipoti, ma appare raccolta, tutta concentrat­a verso la zona living affacciata sull’acqua e sulle preziosità palladiane della Giudecca.

I mobili sono quelli antichi scelti da Ina nel negozio di Pippo Casellati, l’antiquario di fiducia. «Il confession­ale, un bel pezzo del Seicento, ha traslocato almeno tre volte» spiega la signora Cipriani. «Arrigo non lo voleva, chissà perché, diceva che è troppo pesante. Casellati, geniale, mi ha dato una mano, Stile Nelle foto piccole, dall’alto, il salotto e Arrigo Cipriani (82 anni); nella foto grande, il soggiorno con i mobili dell’antiquario Pippo Casellati ( l’ha riempito di argenti con i ritratti dei nostri adorati figli e nipoti, così adesso sembra una bomboniera, e mio marito non brontola più». La sala da pranzo ha colori quasi tiepolesch­i, sarà per l’azzurro e il rosa del trompe-l’oeil ovale dipinto da Ornella Divari, l’artista veneziana che ha progettato quasi tutti gli arredi di casa Cipriani, dalle lampade agli objet de vertu (d’arte), alle mantovane. Colori chiari che non stridono con il rosso e il giallo del quadro di Tancredi Parmeggian­i, un regalo dell’artista di Feltre all’amica Ina, ai tempi del liceo.

I Cipriani abitano alle Zattere dal ‘55, e da allora poco è cambiato. I pavimenti sono rimasti in legno al piano alto e in solida piastrella al pianoterra. «L’acqua alta qualche volta si ricorda che qui, in origine, c’era uno squero, un deposito e rimessaggi­o per le barche», ammicca il patron, che proprio dove un tempo si lisciavano i fianchi delle gondole ha voluto costruire la sua palestra privata. Un’oretta di pesi e cyclette tutti i pomeriggi, prima di prendere il vaporetto per calle Vallaresso.

Il film

L’Harry’s Bar è una stanza. «La mia Stanza», dice Arrigo Cipriani, da 50 anni a capo del locale fondato dal padre a Venezia nel 1931. Alla Stanza è dedicato un documentar­io,

in programma il 4/9 alle Giornate degli Autori della Mostra del cinema di Venezia. Prodotto da Giovanni Cassinelli per Wider Films con Camilla Nesbitt e Pietro Valsecchi per Taodue. Regia di Carlotta Cerquetti

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