Alta velocità? Quel treno impossibile Napoli-Bari
Unico cantiere aperto fermo da due anni, oggi occorrono più di 6 ore
Se ci fosse qualcosa da festeggiare, in questi giorni la più grande opera infrastrutturale del Mezzogiorno spegnerebbe due candeline. E invece due sono gli anni di stop dell’unico cantiere aperto dell’Alta capacità ferroviaria Bari-Napoli. Se a parole — quelle del ministro dei Trasporti Graziano Delrio al recente Meeting di Rimini — il governo continua a ripetere che «occorre portare l’Alta Velocità anche al Sud», dall’altra quell’unico cantiere aperto non si muove di un centimetro dal 31 agosto del 2013. Perché nel primo tratto pugliese Cervaro-Bovino del raddoppio di binario tra Foggia e Caserta ( perché questa è, alla fine, la tanto decantata Alta capacità, essendoci da tempo il doppio binario sia da Bari a Foggia che da Caserta a Napoli) è tutto fermo dal 1° settembre 2013 a causa della crisi finanziaria dell’azienda vincitrice dell’appalto, la Rabbiosi oggi in amministrazione straordinaria. Da allora si sono ripetuti copiosi gli annunci dei governi sulla strategicità della Bari-Napoli: Enrico Letta, da premier, lo fece alla Fiera del Levante di Bari del 2013, quando già tutto era fermo; cambiato il governo, il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi traghettò da un esecutivo all’altro non solo il Nuovo Centro Destra ma anche i propositi sulla Bari-Napoli. Coinvolgendo anche il premier Matteo Renzi, fino al varo del Decreto Sblocca Italia di un anno fa che sanciva il via per novembre 2015 di un’opera, come la Bari-Napoli, in realtà già avviata e bloccata e che da allora ha prodotto solo il via libera al progetto definitivo della soppressione del passaggio a livello di via Calabroni a Dugenta, provincia di Benevento. Nel frattempo, da un annuncio all’altro dei governi, i 200 lavoratori che lavoravano in quell’unico cantiere aperto sono a casa in attesa di una chiamata. Che può arrivare soltanto con l’aggiudicazione della nuova gara di appalto che ormai, a due anni dal blocco, dovrebbe essere imminente.
Eppure per la Bari-Napoli le risorse non mancano: 4,3 miliardi dei circa 7 necessari sono disponibili. Come i 250 milioni di quei primi 23 chilometri (sui 163 da Foggia a Caserta) del primo cantiere dimenticato, tanto che sono stati completati 18,5 chilometri di uno dei due binari e si attendono gli ultimi 4,5 del primo e i 23 del secondo binario. E perché i soldi ci sono e non si spendono? La risposta dell’amministratore delegato delle Ferrovie Michele Mario Elia — che da un anno è anche commissario della Bari-Napoli (e della Palermo-Catania) proprio per velocizzare i cantieri — è che si procede «secondo programma, i tempi sono solo burocratici», come ha ribadito nei giorni scorsi, sempre al Meeting di Rimini.
Così, però, si sono persi altri due anni per un’opera che nella migliore delle ipotesi sarà terminata nel 2028 (previsione di Gianni Giannini, assessore pugliese ai Trasporti nel maggio 2013, quindi prima dello stop) e che adesso, con due anni in più che portano al 2030, diventerà un ritornello trentennale. Il primo a parlarne fu infatti l’allora ministro dei Trasporti (governo Amato) Pierluigi Bersani nel settembre del 2000, quando il Pd si chiamava ancora Ds. Da quell’annuncio al primo protocollo d’intesa del 27 luglio del 2006 — non senza l’inserimento della Bari-Napoli nel Piano per il Sud dell’allora berlusconiano Raffaele Fitto — passarono 6 anni. E altri 3 ce ne vollero per la presentazione del progetto preliminare del 17 aprile del 2009 a Benevento.
Oggi, a 15 anni dal primo annuncio, si può forse dire che la classe politica di fine ’800 fu più efficiente di quella attuale. Perché la strategicità del collegamento veloce tra l’Adriatico e il Tirreno è all’ordine del giorno da prima che nascesse l’Italia: con grande lungimiranza fu, nel 1860, l’allora Dittatore delle Due Sicilie Giuseppe Garibaldi il primo che prese a cuore il progetto di ferrovia tra i due mari. Con buoni risultati, visto che qualche decennio dopo la tratta Foggia-Benevento si ritrovò ad essere la più tecnologicamente sviluppata d’Italia (prima linea, nel 1928, con l’attuale sistema di elettrificazione). Adesso, però, se non è l’ultima, poco ci manca. Ancora a binario unico, come allora, e senza un treno diretto da Bari a Napoli, le due capitali del Mezzogiorno distanti 321 chilometri per i quali occorrono (con il cambio) da 3 ore e 41 minuti a 6 ore e 30, alla velocità media di 53 chilometri orari. Per ripristinare il diretto si aspetta — novella Godot — l’Alta capacità.