Corriere della Sera

«Aumentare ancora il deficit? I margini sono molto stretti»

-

anno di anticipo rispetto alla pensione «normale», oggi fissata a 66 anni. L’idea è che il taglio non sia più fisso, sempre il 2% per ogni anno di anticipo. Ma cresca progressiv­amente con il numero degli anni di anticipo. Un esempio per capire: per chi esce un anno prima il taglio sarebbe del 2%, per chi esce due anni prima del 5%, per chi anticipa di tre anni dell’8%. E così via. I numeri cambierann­o ma il principio del taglio progressiv­o sembra fin da ora un punto fermo. La soluzione avrebbe il vantaggio di ridurre i costi e quindi il volume delle coperture che il governo dovrà trovare nella legge di Stabilità. Ma avrebbe senso anche dal punto di vista dell’equità, perché spingere soprattutt­o la flessibili­tà «minima», e cioè l’uscita di chi è comunque vicino al traguardo della pensione piena. Non è un caso che proprio ieri lo stesso Damiano — presidente della commission­e Lavoro della Camera — sia tornato a difendere la sua proposta, sia pure nella versione originale.

Prima dell’estate il presidente dell’Inps Tito Boeri aveva detto che un intervento del genere sarebbe costato 8,5 miliardi di euro. Cioè troppo. Possibili tensioni esterne? «Il prezzo del petrolio è più basso di quello medio stimato dal governo nel costruire il quadro su cui sono basati i conti pubblici, il valore del cambio un po’ più alto. Il fattore più rischioso è il commercio mondiale: nel Def si prevede una crescita del 4%, ma a oggi siamo ancora in territorio negativo».

L’inflazione sale di poco, dello 0,2%, è un male?

«Rende più difficile il risanament­o. Il Def ipotizzava una crescita del Pil nominale, quest’anno, dell’1,4%, data da un’inflazione allo 0,7% e una crescita reale dello 0,7%. Quest’ultima abbiamo visto che è in linea, ma da quell’1,4% siamo ancora molto distanti, ed i parametri Ue su deficit e debito si calcolano in rapporto al Pil nominale...».

Ci sono buoni segnali anche sul fronte dell’occupazion­e.

«La revisione dei dati è stata molto forte. Sembra che il contratto a tutele crescenti e soprattutt­o la decontribu­zione per i nuovi assunti stiano funzionand­o, ma potrebbero esserci anche altri fattori. Il settore che traina la crescita dell’occupazion­e è quello delle costruzion­i, dove si registra, nello stesso tempo, un calo del valore aggiunto. Forse, almeno in quel comparto, la decontribu­zione è servita anche per l’emersione del lavoro nero. C’è un’altra cosa da dire sull’occupazion­e. Quando questa aumenta più del Pil, la produttivi­tà diminuisce, mentre questa dovrebbe salire per assicurare solidità alla crescita».

Siamo alla vigilia di una manovra da 25-30 miliardi.

«Il Def di aprile indicava per il 2016 la necessità di rimuovere gli aumenti Iva, che valgono un punto di Pil, 16 miliardi, ricorrendo a una nuova tornata di tagli alla spesa per 0,6 punti, 10 miliardi, e alla clausola Ue sulle riforme che ci consentiva di fare 0,4 punti di deficit aggiuntivo. Rispetto ad allora non è cambiato molto, i margini sono gli stessi».

Non ci sono altri spazi? Renzi parla di 16-17 miliardi.

«La clausola sulle riforme potrebbe darci un margine aggiuntivo di 0,1 punti, ma dipenderà anche dalle previsioni della Commission­e Ue, che oggi sono peggiori di quelle del governo».

Poi c’è la clausola sugli investimen­ti.

«Può essere attivata anche quella, ma per finanziare opere pubbliche, non per ridurre le tasse. E non è chiaro se le due clausole siano cumulabili e dunque se a un Paese nelle condizioni dell’Italia sia possibile deviare, in un anno, di oltre 0,5 punti di Pil dal percorso di risanament­o dei conti».

Il presidente Il presidente dell’Ufficio parlamenta­re di Bilancio: presto per dire che siamo davanti a una ripresa solida L’estero dà un apporto negativo alla crescita, l’import supera l’export Sul fronte esterno, il fattore più rischioso è il commercio mondiale che è negativo

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy