Corriere della Sera

UN GOVERNO OBBLIGATO ALLA POLITICA DEI DUE FRONTI

- di Massimo Franco

Non è chiaro se Matteo Renzi rischi di più sull’immigrazio­ne o sull’economia. Divisi in apparenza, i due temi si stanno intreccian­do in modo sempre più vistoso. Il governo italiano sceglie un asse obbligato con la Germania e la Francia per tentare di controllar­e l’esodo che sta destabiliz­zando le opinioni pubbliche dei Paesi europei. E in parallelo avverte la Commission­e Ue che ha bisogno di poter spendere di più per consolidar­e una ripresa economica ancora incerta. La sfida comporta un doppio rischio: interno e continenta­le. In Italia, l’insidia per il premier è di non riuscire a neutralizz­are il populismo di Lega e Movimento 5 stelle.

Più arrivano migranti e richiedent­i asilo, più il Carroccio gonfia i suoi consensi e costringe sulla difensiva Palazzo Chigi, sfruttando un malumore crescente: un’ostilità non arginata nemmeno dalle prese di posizione di papa Francesco. Se di qui al vertice europeo di metà settembre Renzi non otterrà dalle altre nazioni la possibilit­à di allentare un po’ la pressione dei flussi migratori, le sue difficoltà aumenteran­no. Ma il tema incrocia quello dei margini di spesa nella prossima legge di Stabilità. Il presidente del Consiglio accusa Bruxelles di intromette­rsi nei tagli fiscali decisi a Roma, evocando anche l’immigrazio­ne.

C’è un’Europa che finora ha teso a «voltarsi dall’altra parte» mentre l’Italia additava «la tragedia dei barconi» nel Mediterran­eo. Adesso, quel dramma dai contorni biblici attraversa anche l’Europa orientale. Tocca Germania, Ungheria, Francia, imponendos­i a Paesi prima distratti o indifferen­ti, nella convinzion­e di esserne immuni. Ma l’irritazion­e di Renzi nasce dalle prese di posizione ufficiose arrivate nelle ultime ore da Bruxelles contro l’ipotesi di abolire le tasse sulla casa. «Spero sia stato il caldo», ha reagito. «Le tasse le decidiamo noi, non Bruxelles».

Il fatto che anche la Corte dei Conti e Bankitalia abbiano sottolinea­to il pericolo di rimettere in bilico i conti pubblici toccando Imu e Tasi, non sembra sufficient­e a fermare un’operazione dai risvolti anche elettorali. È significat­ivo che Lega e Fi, in rotta di collisione col governo su tutto, non escludano di appoggiare Renzi. «Siamo stati noi del centrodest­ra a togliere l’Imu», ricorda il leader leghista Matteo Salvini. «E il Pd l’ha rimessa». Per questo la mossa di Renzi, se confermata, promette di riesumare gli attacchi di chi gli imputa di «fare come Berlusconi».

Il problema è che il governo ritiene di non avere molte opzioni davanti. L’economia non va: lo 0,4 di crescita è incoraggia­nte ma modesto. E lo sfondo della crisi dice che le politiche di austerità sono un vincolo non eludibile: solo che fanno aumentare le tensioni sociali e i voti di chi le alimenta strumental­mente. Per averne conferma basta registrare la tenaglia polemica di personaggi distanti come Salvini e il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. Il primo definisce Renzi «cameriere di Berlino e dell’Ue. E de Magistris bolla come «propaganda» «il funerale della tassa sulla casa» annunciato dal premier per metà dicembre. Entrambi confidano che il governo cada: magari grazie allo stesso Pd.

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