Milano ritorna al futuro
Le due copertine a confronto dei libri su Milano realizzati da Carlo Orsi. In alto «Milano 2015» (Skira), con la città moderna guardata da quella storica. Le sue foto sono commentate da Aldo Nove. «Milano» del 1965 (Bruno Alfieri editore) segnala l’arrivo della metropolitana e il contrasto con un vigile in bianco. I testi furono scritti da Dino Buzzati Le foto sono tratte dal libro di Carlo Orsi, «Milano 2015» (che sarà presentato oggi alle 18.30 all’Unicredit Pavilion). Le immagini si potranno vedere a Milano in questo fine settimana e anche nel prossimo all’Unicredit Pavilion
Il cantiere di piazza Gae Aulenti
Il ponte di Porta Genova
La Milano multietnica: una squadra di rugby
Graffiti su un portone
Il cuore della città: il nuovo skyline da piazza Duomo
Uno la guarda e dice: beh, se questa è Milano, felice di esserci, «con i suoi sogni e l’ammasso dei bisogni», con le luci, le ombre, l’Expo, la moda, il design e anche lo skyline. A volte basta poco per sentirsi parte del mondo a cui si appartiene: anche una fotografia nuda e cruda come l’essenzialità dei fatti, senza colori, ma capace di esprimere un sentimento. Questa Milano esplorata dalla Leica di Carlo Orsi è aspra e tenera, dura, ma anche dolce: è la città dei nuovi grattacieli,delle torri verticali di Cesar Pelli e di Boeri, di City Life e dell’incompiuta Santa Giulia, sullo sfondo antico delle guglie del Duomo, tante, «perché ogni immigrato ne scelga una e vi alzi o ammaini la sua bandiera», come scriveva Marotta. È la città dei graffiti, delle solitudini nascoste in un cartone, la capitale della scienza, della tecnologia, del meticciato che i bambini vivono senza le paure degli adulti, dei ponti tra giovani e anziani, delle code, interminabili ma benauguranti, come all’Expo, alle mostre di Palazzo Reale, per i saldi di via Montenapoleone e per la mensa dei poveri di Pane quotidiano. Segna un’epoca oggi Milano, come cinquant’anni fa, quando Orsi, giovane allievo di Ugo Mulas, scarpinando tra il Giamaica e i biliardi del Giambellino, in quelle notti di nebbia e ligera si trovò con Dino Buzzati a raccontare gli anni del boom. Luci e ombre, miserie e nobiltà, confronti e contraddizioni. Di quel magnifico volume si sono perse le tracce, non lo spirito: con le immagini di Orsi, la grafica dello stesso art director di allora, Giancarlo Iliprandi, la cura editoriale di chi aveva condiviso l’avventura imprenditoriale di Electa, Massimo Vitta Zelman, oggi Skira, rivive un messaggio identitario. Milano c’è: e si ritrova nel diario intenso e passionale di Aldo Nove, lo scrittore che si è preso la briga di camminare come Buzzati sui marciapiedi della metropoli, poetando dalla Madonnina («Andiamoci piano con il futuro, nella luce e nel fango, io rimango») agli scheletri delle aree industriali invase dall’erba selvaggia («Fabbriche tropicali,dismesse e tristi. Lì non ci vanno i turisti»).
«Milano 2015» non è un libro: è una boccata di ossigeno per pensare e immaginare il futuro. Le città hanno un destino di splendori e decadenze, in una provvisoria gerarchia che varia a seconda dei momenti, scriveva il grande storico Fernand Braudel. A Milano la storia offre oggi l’occasione di salire, come altre volte in passato, assumendosi qualche responsabilità, rafforzando i suoi primati, non scordando la solidarietà, incrociando il suo destino con il successo dell’Expo e il banco di prova del dopo evento, che incombe e potrebbe essere disastroso. Ma Milano è una stella, scrive Aldo Nove, e le stelle devono brillare come gli occhi di chi la fotografa e la guarda da cinquant’anni, e la continua ad amare.
Sua la firma su alcune campagne pubblicitarie per La Perla, Omsa, Swatch, American System e Marlboro