IL PIU’ GRANDE SCIOPERO AGITA L’INDIA DI MODI
Narendra Modi l’anno scorso aveva stravinto le elezioni con la promessa di far decollare l’economia del Subcontinente, reduce da due anni di stagnazione. Il leader del partito nazionalista indù, il Bjp, aveva promesso di liberarla dai vincoli che frenavano la ripresa e gli investimenti stranieri. A rendere credibile il suo programma elettorale, gli eccezionali risultati ottenuti da governatore nel Gujarat, suo Stato d’origine, che sotto la sua amministrazione era diventato un modello di rilancio economico per tutto il Paese.
Ma a oltre un anno di distanza nessuna delle riforme annunciate è andata in porto. A sua parziale discolpa il fatto che il suo partito, il Bjp, non ha la maggioranza assoluta nella Camera bassa del Parlamento. Tra le iniziative bloccate dall’opposizione, la riforma della terra che avrebbe dovuto rendere ancora più facile l’acquisto di terreni agricoli per progetti infrastrutturali. Per i detrattori un vero e proprio « land grabbing » legalizzato. La bocciatura in Aula ha costretto il premier a un clamoroso dietrofront, che ne ha offuscato l’immagine dentro e fuori i confini nazionali. Semaforo rosso anche per l’introduzione di una tassa su beni e servizi pensata per agevolare chi vuol fare business in India.
Ora a traballare sono la politica di privatizzazioni perseguita dal suo governo e la riforma delle leggi sul lavoro che renderebbe, tra l’altro, più difficile formare sindacati e indire scioperi. Ieri per protesta oltre 150 milioni di dipendenti di banche, industrie manifatturiere e autisti di autobus pubblici, taxi e risciò hanno incrociato le braccia: una delle più grandi mobilitazioni della storia. Con momenti di forte tensione e scontri con le forze dell’ordine, soprattutto nello stato del Bengala Occidentale e a Calcutta, città dalla forte tradizione socialista, con scuole, università, banche e uffici rimasti chiusi e 30 manifestanti arrestati. Quello di ieri è l’ultimo di una serie di scioperi costato al Paese miliardi di dollari (3,7 soltanto ieri stima Assocham, sorta di Confindustria indiana). Nella più grande democrazia del mondo il premier sembra avere le mani legate.