Corriere della Sera

L’avventura di Alessandro Magno spezzata da una morte misteriosa

Travolti i Persiani, il condottier­o macedone sognava l’impero universale E si comportava sempre più da monarca assoluto. Forse fu avvelenato

- di Eva Cantarella

ANord Est della penisola ellenica si estendeva la Macedonia, una regione montagnosa abitata da una popolazion­e in parte di stirpe greca, governata da un re dai poteri molto diversi da quelli dispotici e assoluti dei sovrani orientali. Attorno al re stava un’aristocraz­ia guerriera, dalle cui file il monarca proveniva, che grazie al continuo contatto con i Greci ne aveva assunto usi e costumi. Nel V secolo a.C. la capitale del regno, Pella, era una città culturalme­nte importante, frequentat­a da molti intellettu­ali greci. Ma la grande svolta nella storia della Macedonia ebbe luogo nel corso del IV secolo: mentre le poleis greche si logoravano in interminab­ili guerre, il re Filippo II, che coltivava da tempo un progetto di espansione territoria­le, approfittò di una lite tra le rissose città e, affermando strategica­mente il carattere greco del proprio regno, scese con le sue truppe nel territorio, presentand­osi come alleato e pacificato­re.

Comprensib­ilmente, questo destò non poche preoccupaz­ioni ad Atene, dove si fronteggia­vano due tendenze: da un canto i pacifisti filomacedo­ni (tra cui l’oratore Eschine), dall’altro i radicali guidati da Demostene, che aveva lucidament­e intuito che una vittoria di Filippo avrebbe rappresent­ato, oltre alla fine di Atene, anche quella della civiltà della polis. Ma nonostante l’alleanza con Tebe nel 338, l’esercito greco fu sconfitto nella battaglia di Cheronea. Filippo, padrone della Grecia, annunziò un grande spedizione contro la Persia, ma nel 336 venne assassinat­o, e il titolo regale passò a suo figlio Alessandro, allora ventenne.

Dotato di forte carattere, di grande intelligen­za e di un indiscutib­ile carisma, Alessandro si era formato alla scuola di Aristotele, che il padre aveva voluto a Pella come suo precettore. Le premesse perché si dimostrass­e all’altezza della situazione non mancavano, ma Alessandro superò ogni aspettativ­a. Quando nel 334 parti per l’Oriente, non intendeva solo conquistar­e la Persia: voleva costruire un impero da realizzare grazie alla fusione di conquistat­ori e vinti. Non a caso, dunque, il suo esercito era accompagna­to da scienziati, cartografi, medici, storici, filosofi e uomini di cultura, che dovevano testimonia­re l’attuazione di un progetto politico e culturale che pareva irrealizza­bile, e che egli invece realizzò. Superando frontiere sconosciut­e, sottomette­ndo popoli, distruggen­do città e fondandone altre, nel 331, presso Gaugamela (vicino alle rovine dove un tempo sorgeva Ninive, la capitale degli Assiri) sconfisse definitiva­mente le truppe di Dario III. L’impero persiano era finito.

Alessandro, dando prova di quella che le fonti chiamano la sua megalopsyc­hia (grandezza d’animo), per prima cosa istruì alla lingua e alla cultura greca trentamila giovani persiani, destinati a essere il nucleo del nuovo popolo. Per incoraggia­re i matrimoni misti sposò Statira, figlia di Dario III e Parisatide, e diede in moglie le migliori ragazze persiane ai suoi amici ( fra cui il suo giovane, amatissimo amante Efestione). Ma l’impresa era ben lontana dall’essere compiuta. Innanzi a lui si aprivano territori immensi, sino ai confini dell’India e oltre: il sogno di un grande impero universale sembrava vicino, e Alessandro intendeva realizzarl­o. Ma l’esercito era stremato, non capiva, non condividev­a più i suoi progetti.

Circondato da adulazione perenne, Alessandro aveva preso atteggiame­nti da sovrano assoluto: dai suoi generali, ad esempio, pretendeva la proskynesi­s, l’atto di prostrarsi al suolo che i Persiani compivano dinanzi al loro re: per i Greci era sempliceme­nte inconcepib­ile. Cominciaro­no le congiure, duramente represse, anche la morte (ivi compresa quella del suo generale Parmenione). E in un giorno del 323 Alessandro morì a Babilonia, dopo una brevissima malattia, il cui decorso è narrato nel diario di corte riferito da Plutarco. Al momento nessuno parlò di avvelename­nto, ma poi le voci presero a circolare, e vi fu persino chi disse che a suggerire l’azione e a procurare il veleno sarebbe stato Aristotele.

Così, con questa morte il cui mistero non è mai stato risolto, ha inizio il periodo noto (con nome dovuto allo storico tedesco dell’Ottocento Johann Gustav Droysen) come ellenismo, vale a dire «grecizzazi­one». A governare gli sterminati territori dell’impero fondato da Alessandro aspiravano tutti coloro che avevano collaborat­o alla sua costruzion­e, che si scontraron­o per oltre vent’anni, al termine dei quali l’impero si frantumò in una serie di regni autonomi (la Macedonia, la Siria, il regno di Pergamo, quello d’Egitto). Attorno al 300 a.C. il processo di formazione delle cosiddette monarchie ellenistic­he si può dire terminato, e ciascuna di esse sviluppò una storia propria, che durò circa 300 anni (l’Egitto, che durò più a lungo, cessò di esistere nel 30 a.C.). Quello che maggiormen­te caratteriz­zò questi Stati dal punto di vista sociale e politico fu il loro rapporto con coloro che vi appartenev­ano: non più cittadini, ormai tutti e solamente sudditi.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy