Marzotto e la fiera da export «Dopo Dubai, c’è Panama»
«Siamo un format globale, la moda non snobbi il gioiello»
«La tempesta cinese, con un’estate vissuta pericolosamente a Piazza Affari? Mi preoccupa relativamente. Certo, la Cina è il più grande trasformatore al mondo di oro e ormai è un attore-chiave per lo scenario del lusso globale ma...». Ma? «Mi preoccupa di più, quanto a scenario geopolitico dei consumi, la situazione del Sud del Mediterraneo di cui il flusso di migranti è un segnale della sua drammaticità». Matteo Marzotto presidente di Fiera di Vicenza, un lungo background nell’imprenditoria, è abituato a guardare con una prospettiva di lungo termine. E da quando ha preso il timone della fiera ha lavorato per farne il volano di nuovi progetti espositivi. Di più, per esportare altrove nel mondo i format di successo. A partire da quello di VicenzaOro che torna dal 5 al 9 settembre per confermarsi business e cultural hub dell’alto di gamma della gioielleria mondiale: «A gennaio abbiamo testato con successo il nuovo layout espositivo The Boutique Show, e settembre sarà l’occasione per sfruttarne al meglio tutte le potenzialità».
A proposito di visione internazionale, per VicenzaOro il 2015 è stato l’anno anche del debutto di VicenzaOro Dubai, nuovo show dedicato all’oreficeria e alla gioielleria organizzato da DV Global Link, la joint venture tra Fiera di Vicenza e il Dubai World Trade Centre. «Sì, la nuova fiera ha debuttato nell’aprile scorso con oltre 500 brand da 25 Paesi e che ci ha confermati come top player nel mondo per il settore orafo-gioielliero», spiega Marzotto. Sempre in quest’ottica di internazionalizzazione, che cosa c’è di nuovo all’orizzonte? «A giugno ho incontrato i vertici del Forum mondiale dei produttori di diamanti, in Israele: le premesse per avviare nuove collaborazioni. E poi, in base ad accordi già firmati, saremo i partner anche del
nuovo Panama Diamond Exchange in fase di sviluppo, e che sarà il nuovo hub di settore per l’intera area Centroamericana: replicheremo il format di VicenzaOro anche a Panama forse già a fine 2016. L’area è strategica considerata anche la contiguità con gli Usa, determinanti per le dinamiche di settore negli ultimi mesi».
Già, se si guardano i numeri raccolti dal Rapporto congiunto Club degli orafi e Servizio studi e ricerche di Intesa San Paolo, il settore che ha aperto il 2015 con una sostanziale stazionarietà sia del fatturato (+0,9%) che delle esportazioni (+0,6%) e che (prima della crisi di agosto) aveva registrato ottime performance di vendita a Hong Kong (+26,6%, dopo il boom del 118% circa del 2014), sul mercato statunitense è cresciuto molto. Gli Usa hanno continuato ad acquistare in misura crescente i gioielli made in Italy (+11,6%). Mentre prosegue anche il trend positivo dei flussi verso la Francia (+15,6%, grazie ai poli produttivi italiani fornitori delle maison del lusso francesi) e la Spagna (+11,6%). «Il mercato americano è tra quelli oggi strategici per il settore — conferma Augusto Ungarelli (Club degli orafi) —. E confidando che si definisca l’accordo di libera circolazione delle merci italiane con gli Usa, lo sarà sempre di più». Già, il viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda ha ipotizzato una crescita dell’export intorno al 5% sostenuta anche dall’accordo di libero scambio transatlantico (Ttip), atteso entro l’anno.
Gioielli e geopolitica. Ma, anche, gioielli e moda. Perché Marzotto, dinastia tessile e una solida esperienza nel fashion (da Valentino a Vionnet) lavora a una maggior contaminazione. Perché? «Perché trovo inspiegabile che le licenze-gioielli, primo step per una griffe per entrare nel mondo dei preziosi con una propria linea, siano quasi inesistenti in Italia — dice Marzotto —. Quando, invece, le licenze per occhialeria o calzature di marchi moda sono diffusissime. È inspiegabile l’impermeabilità dei due settori, quando le opportunità commerciali da cogliere sono tante in gioielleria. Come hanno già fatto Chanel, Vuitton e in Italia tra i pochi Dolce&Gabbana. Per questo VicenzaOro si candida a essere terreno d’incontro tra questi due mondi».
Diplomazia dei preziosi «Non mi preoccupa la bolla cinese ma la tensione nel Mediterraneo. Allo studio progetti con Israele»