Milano ha bisogno del Gran premio La soluzione è mobilitare capitali privati o coinvolgere investitori stranieri
Business tutto l’anno Bisogna fare di Monza un business aperto tutto l’anno con attività che affianchino la gara Qui Imola Noi ci candidiamo qualora non sia possibile tenere la gara nella sede storica: è essenziale che il Gp rimanga in Italia
e più in generale con la modernità. Sul piano più strettamente economico il giro d’affari mosso dalla gara monzese porta alle medie imprese brianzole commesse stimate in circa 50 milioni di euro ai quali va aggiunto il valore, tutto da cifrare, delle ricadute tecnologiche legate alle innovazioni introdotte nel circuito (guard rail, asfalto, ecc.). Il contributo più importante della F1 è però quello di concorrere a rafforzare l’immagine di Milano come città globale, dalla quale per un motivo o per l’altro (sfilate di moda, Salone del Mobile, stagioni teatrali della Scala e del Piccolo) bisogna passare almeno una volta l’anno. Oggi onestamente non sapremmo dire quanto Milano possa riguadagnare in posizioni nel ranking delle città europee, non è prevedibile quanto la sua aria frizzante riuscirà a farla avanzare ma è chiaro che in omaggio al «primo non prenderle» va evitato qualsiasi contropiede.
Se però la città, oltre a trattare duramente con Bernie Ecclestone, vorrà disegnare un futuro stabile per il Gran Premio, occorre che trovi il modo di mobilitare capitali privati. Bisogna fare di Monza un business aperto tutto l’anno che affianchi alla competizione-regina attività di education e di intrattenimento spremendo quel valore — intrinseco alla notorietà del brand — che finora è rimasto inespresso. Per dirla con una battuta, la strada che porta alla salvezza del Gran premio non può essere «parastatale» bensì «capitalistica». La Regione Lombardia ha già promesso uno stanziamento significativo, gli organizzatori per quanto si sa sono già in grado di mobilitare complessivamente tre volte l’attuale canone di affitto pagato ad Ecclestone. Ma si può fare di più. Ci si può dare un orizzonte più stabile e meno condizionato dai ricatti del boss delle corse che vuole i suoi maledetti 25 milioni di dollari.
Per quanto se ne sa, discorsi di questo tipo già si stanno facendo. Si ragiona su come organizzare una raccolta di capitali privati italiani oppure in alternativa su come rivolgersi a grandi investitori stranieri desiderosi di investire sulla città e sul brand del Gran premio. Mutatis mutandis un’operazione che ricalchi quella, di tipo immobiliare, condotta a termine con il Qatar su GaribaldiPorta Nuova.