Al G20 la sorpresa Italia e il caso lavoro
La parola è alla Cina. Al vertice del G20 finanziario, che da oggi vedrà riuniti nella capitale turca i ministri dell’economia e delle Finanze dei venti Paesi più ricchi del mondo, l’interesse è tutto rivolto a ciò che diranno i rappresentanti di Pechino. Preoccupano le tensioni sui mercati provocate dalle manovre sullo yuan, ma preoccupa ancora di più il rallentamento dell’economia che ne sta alla base. E che rischia di frenare la ripresa mondiale, come ha avvertito il Fondo monetario disegnando qui ad Ankara, alla vigilia del vertice, le prospettive di sviluppo globale, che restano «moderate» ma che riservano una qualche timida sorpresa per l’Europa e per l’Italia. Dalla Cina ministri e governatori, si aspettano di sapere quali azioni verranno intraprese per sostenere la domanda interna e per guidare così la transizione verso un modello di sviluppo più maturo, non centrato solo su esportazioni e investimenti e più attento alle regole del mercato. «La priorità politica della Cina è raggiungere una transizione graduale verso modelli più sostenibili di crescita» ha osservato il Fmi. Pechino deve «continuare ad attuare le riforme necessarie per garantire la convertibilità della valuta», ha detto ieri il presidente della Bce, Mario Draghi, mentre il segretario al Tesoro Usa Jack Lew ha ricordato come gli Stati Uniti da tempo chiedono alla Cina di lasciare lo yuan libero di fluttuare. Si parlerà di Cina, di crescita e pure di lavoro perché ad Ankara si incontreranno anche i ministri del Lavoro del G20, con prospettive più limitate di coordinamento anche se ieri si è affacciato il tema, ben più coinvolgente, della migrazione. «La Germania prevede l’arrivo di 800 mila richiedenti asilo nel 2015: il governo intende rendere più facile per tutti i migranti l’accesso al mercato del lavoro» ha segnalato ieri la ministra tedesca, Andrea Nahles.