Il bambino morto commuove l’Europa Renzi: immagine che strapazza l’anima
Il britannico Cameron sulla difensiva: «Come padre sono profondamente scosso»
Nilufer Demir, 29 anni, lavora per l’agenzia turca Dogan News Agency
Aylan Kurdi, tre anni, il bambino curdo-siriano che sembra dormire a pelo d’acqua e invece non respira più, è entrato, suo malgrado, nella storia di questo giovane secolo. E ha costretto l’Europa a reagire.
Hanno fatto il giro del mondo, ieri, le foto del suo cadavere riverso sulla spiaggia turca di Bodrum — là da dove il piccolo era partito con la madre e il fratello Galip, annegati come lui, e con il padre, unico sopravvissuto della famiglia, che non si dà pace e ripete «mi sono sfuggiti dalle mani». Nelle redazioni dei giornali si è discusso a lungo se pubblicare o no le tre immagini diffuse dall’agenzia di Demir. Alcuni quotidiani hanno scelto la più «cruda», come il britannico The Independent. Altri, come il Corriere e The Wall Street Journal, hanno preferito mostrare la «pietas» del poliziotto turco che raccoglie delicatamente, quasi piegato dal dolore, il bimbo senza più vita.
In quei cinque chilometri di mare che separano la costa turca dall’isola di Kos, assieme a Aylan, sono annegate altre undici persone. Come migliaia di altre prima di loro. Non basterà una foto a fermare questa moderna e tragica odissea ma ieri nessuno poteva far finta di non aver visto le immagini di quel corpo. Tantomeno la politica. Foto che «stringono il cuore e strapazzano l’anima», ha detto il premier italiano Matteo Renzi, aggiungendo che «occorre una strategia globale e l’Europa non può perdere la faccia». Gli ha fatto eco il premier francese Manuel Valls, invitando ad un’«ampia e urgente mobilitazione europea». E perfino il britannico David Cameron, il più ostinato a chiudere ogni spiraglio all’ondata di migranti, è stato costretto alla difensiva, dicendosi «profondamente scosso, in quanto padre» e assicurando che «la Gran Bretagna è una nazione con dei valori e ci assumeremo le nostre responsabilità morali», salvo poi ribadire che i maggiori responsabili per la crisi umanitaria sono «il presidente siriano Assad, i macellai dell’Isis e le bande criminali che trafficano esseri umani» e che «la soluzione non è accogliere più profughi».
Il presidente turco Recep Erdogan non si è lasciato sfuggire l’occasione per una stoccata ai Paesi europei «che hanno trasformato il mar Mediterraneo, culla di una delle civiltà più antiche al mondo, in un cimitero».
Dall’indignazione verbale ai fatti, come vorrebbe Renzi, il passo non è breve. «Aylan era un bambino di Kobane, una città martire, baluardo contro la barbarie dell’Isis. È tragico che sia proprio la morte di un bambino curdo a dare la sveglia all’Europa. Ma l’ha data?», si chiede Alessandro Bechini di Oxfam Italia.