Corriere della Sera

I centristi agitati Un ostacolo in più sulla strada del nuovo Senato

- Monica Guerzoni

«Siamo vicini a un risultato positivo...». Nel pomeriggio di ieri Luigi Zanda si è lasciato andare a una dichiarazi­one assai ottimistic­a riguardo al destino della riforma costituzio­nale. Se non che, a stretto giro, il presidente dei senatori del Pd ha aggiustato il tiro, chiarendo che non stava fornendo notizia di accordi imminenti quanto formulando «un auspicio». Segno che la tranquilli­tà ostentata nel governo potrebbe nascondere trabocchet­ti e trappole.

Prendiamo il Ncd, il piccolo e inquieto partito di governo guidato da Angelino Alfano. I centristi del Senato sono in grandissim­a agitazione e non ne fanno mistero. Le elezioni amministra­tive si avvicinano e il dilemma delle alleanze innesca distinguo e smarcament­i: cercare l’abbraccio con Renzi o tornare all’ovile del centrodest­ra? Alla Camera l’ex ministro Nunzia De Girolamo guarda di nuovo a Berlusconi ed è prossima a dare l’addio ufficiale ad Alfano. Al Senato gli umori non sono meno agitati. Roberto Formigoni, che con il Pd non vuole andare, ha dichiarato al Corriere «noi voteremo una riforma in cui i senatori saranno eletti» e dunque non il ddl Boschi, che non prevede l’elezione diretta. La preoccupaz­ione che anima gran parte del Ncd si può riassumere così: «Se andiamo con Renzi, quanti di noi potrà candidare?». Pochi, è la risposta che si danno tutti. E l’ex presidente del Senato, Renato Schifani, insiste: il nostro posto è a destra.

Il resto del panico lo ha seminato il sondaggio Piepoli di tre giorni fa, che toglieva al Pd 4 punti in caso di alleanza con Ncd. Comprensib­ile allora che persino un sostenitor­e delle riforme qual è Gaetano Quagliarie­llo s’incarichi di avvisare gli alleati: «Io voglio che la riforma si faccia, ma l’equilibrio di sistema deve garantire a una forza autonoma, che non è il Pd e non è la Lega, di poter avere un suo spazio». Insomma, Ncd teme di scomparire nell’abbraccio elettorale del Pd e, in uno schema a tre punte Renzi-Grillo-Salvini, le tensioni centrifugh­e rischiano di produrre ripercussi­oni sulla maggioranz­a.

L’unico antidoto all’esplosione del partito di Alfano è una modifica sostanzial­e dell’Italicum. Come Forza Italia (e la minoranza del Pd) anche il Ncd sogna che un giorno Renzi si alzi e dica «ragazzi, per me il premio di coalizione non è un problema...». Parole, c’è da giurarci, in grado di placare i maldipanci­a di Formigoni, Giovanardi, Compagna e di tutti (o quasi) i fautori dell’elettività.

Intanto Bersani ha aperto alla ricerca di un’intesa, ma altre ombre potrebbero addensarsi su Palazzo Madama. A fine agosto, senza alcun clamore, la presidenza del Senato ha proceduto al riequilibr­io del gruppo Gal nelle commission­i, operazione che ha squilibrat­o (dal punto di vista del governo) la Affari costituzio­nali. Per un complicato gioco di caselle la maggioranz­a rischia di ritrovarsi sotto di un voto: 14 senatori per i «gufi» e 13 per il governo.

Il bivio L’incertezza all’interno del partito di Alfano tra l’abbraccio a Renzi e il ritorno alla vecchia casa del centrodest­ra

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