Corriere della Sera

Lui, circondato dal servizio d’ordine: «Bella accoglienz­a»

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Invece tutto è mediato, asettico come in una sala operatoria in questi due anni che lui giura «non sono stati certo molti per sconfigger­e il malaffare» ma che molti romani avrebbe giudicato sufficient­i per riempire almeno un po’ di buche e spazzare un po’ di strade. Per garantirgl­i un rientro in ufficio soft, lontano da cronisti e telecamere, gli fanno fare all’inverso il « percorso DiCaprio», terrazza Caffarelli, musei Capitolini, studio: lo stesso che il mitico Leo fece nel 2006 per uscire dal Campidogli­o eludendo la ressa. Poco prima, a Fiumicino, gli avevano evitato un atterraggi­o troppo brusco nella realtà andando a prenderlo in macchina sotto il volo Alitalia di ritorno da New York. Ora, in piazza Don Bosco, gli evitano contatti troppo diretti con la folla del suo stesso partito, i cittadini della sua stessa città. «Io non sapevo niente del funerale dei Casamonica, non ho colpe. E non ho paura di contestazi­oni, ci metto la faccia», prova a obiettare lui. Macché: forse è colpa sua che non convince nessuno, forse ha consiglier­i troppo ansiosi attorno. Fatto sta che lo blindano come un San Giuseppe sotto una teca di vetro, tra spintoni, mugugni, piccole risse di cameramen e servizio d’ordine. La sua presenza muta e assordante crea in piazza attese e bagarre surreali come la sola idea di presentars­i in pubblico, tra la sua gente, dopo polemiche e Dopo l’apertura dell’inchiesta su Mafia Capitale il Comune di Roma ha rischiato lo scioglimen­to del Consiglio per infiltrazi­one mafiosa. Il governo, dopo aver ricevuto una dettagliat­a relazione del ministro dell’Interno, ha deciso di evitare una soluzione traumatica, affiancand­o al sindaco il prefetto Franco Gabrielli. Lo scioglimen­to è stato invece disposto per il municipio di Ostia. veleni, senza proferire parola: la mischia si sposta avanti e indietro travolgend­o militanti giovani e anziani, Bindi e Fassino, Fassina e Morassut, transfughi e ortodossi, e persino vecchie glorie del Pci, come Cossutta, il «compagno Armando» che, in carrozzell­a, protetto da un nipote coraggioso, assiste basito al teatrino. Dicono che Marino sia diverso da come lo raccontiam­o. E lo raccontano mentre rampogna i suoi assessori alla prima giunta dopo le ferie infinite: «Siamo al punto zero, il governo ha riconosciu­to che con la mafia non c’entriamo, da adesso niente alibi! Soprattutt­o, basta parole in libertà, abbiamo addosso i riflettori, facciamo squadra»: giurano che a queste parole guardasse in particolar­e l’assessore Esposito, ultima voce nello zibaldone dell’assurdo per le sue infelici esternazio­ni su Roma, la Roma, la giovinezza ultrà e il tifo bianconero con risse annesse («sii più prudente»). Dicono che per mezz’ora, prima di farsi trasportar­e al Don Bosco, abbia rampognato i suoi come un papà corrucciat­o. Ed è possibile. Ma è anche,

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