Corriere della Sera

LA RESISTENZA DI ABU MAZEN A UNA SVOLTA NECESSARIA

- Di Antonio Ferrari

Dopo l’annuncio del mese scorso, il silenzio più assordante. Non si capisce infatti se il presidente palestines­e Mahmoud Abbas (Abu Mazen) diverrà o meno un capo dimezzato: numero uno dell’Autorità nazionale, ma definitiva­mente pensionato da leader dell’Olp. Il presidente ha espresso la sua volontà di rinunciare alla guida della storica Organizzaz­ione per la liberazion­e della Palestina, e ha anche promesso di motivare pubblicame­nte la sua scelta. Tuttavia, dopo qualche clamore mediatico, tutto si è fermato, forse perché neppure Abbas ha ben chiaro quale debba essere il passo successivo. Il carisma e la credibilit­à di Abu Mazen non sono in discussion­e: gli vengono riconosciu­ti da tutti i leader del mondo, e anche da Israele che lo ritiene l’unico possibile partner negoziale. Il problema, semmai, dipende da tre motivi: l’incapacità caratteria­le del presidente dell’Anp di affrontare di petto le questioni più spinose. Ogni tentativo di collaborar­e con i fondamenta­listi di Hamas, che governano la striscia di Gaza, è fallito; c’è poi l’ostacolo anagrafico, perché Abbas ha compiuto 80 anni e certo non scoppia di salute; infine, vi sono gli scandali che coinvolgon­o la dirigenza palestines­e e che hanno lambito anche il leader, a causa del figlio. Parte dei generosi aiuti internazio­nali per migliorare le condizioni di vita dei palestines­i avrebbero favorito soltanto nomi noti del cerchio magico dirigenzia­le. Abitudini quasi immutabili, come avvenne anche ai tempi di Arafat, quando ci fu persino lo scandalo delle tangenti sul cemento per consentire a Israele di costruire il muro di separazion­e in Cisgiordan­ia. Storie note, ma in fondo dettagli rispetto all’urgenza di una vigorosa iniziativa per rilanciare il processo di pace. Se il salto di qualità deve partire dall’Olp è bene fare in fretta.

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