«Arianna», l’angoscia di un ermafrodito che non può scegliere
«Sono nata due volte, anzi tre. Bambino la prima, pochi anni più tardi sono rinata bambina. La terza volta sono nata io». È l’avvio bruciante di Arianna, il film di Carlo Lavagna (Giornate degli Autori), con Ondina Quadri nei panni di un ermafrodito. Il film nasce dall’incubo ricorrente che da piccolo faceva il regista: «Sognavo di essere una donna matura che vagava per la città. Non sapevo quale spiegazione dare, forse era la ricerca di identità. Gli intersex hanno una sessualità ibrida, una sindrome che non consente al proprio corpo di decifrare il testosterone. Hai organi genitali maschili e femminili, fino a quando ti tagliano quello maschile
Sguardo Ondina Quadri nel film
e magari a 18 anni si voleva essere un’altra cosa. I genitori (Massimo Popolizio e Valentina Carnelutti) scelgono per te. Fanno un po’ i pesci in barile, agiscono per il bene della figlia ma in realtà non lo fanno. Il film parla anche del condizionamento della società, della scomparsa del desiderio. Una castrazione simbolica». È stato facile realizzarlo? «Per niente, anche se è costato 350 mila euro. C’è stato un lungo processo di scrittura, per insicurezza, per il timore di espormi su un tema così delicato». ( v. ca.)