Moda globale Lo yoga è un affare E i seguaci del relax ora si fanno la guerra
Acrobazie al posto della meditazione, degustazioni di birra con il guru e allievi-pavone: ecco come sta cambiando il regno delle asana. Perché? Vale 10 miliardi di dollari
Un dicastero. Una biblioteca digitale per difendere i testi tradizionali da versioni apocrife, plagio, pirateria. E una Giornata mondiale dello yoga — la prima si è celebrata lo scorso 21 giungo — voluta dal premier Narendra Modi e approvata dall’Onu con 177 voti favorevoli su 193. E però, mentre l’India cerca di riprendersi il copyright, di limitare la proliferazione di pseudo-brevetti (più di 130 nei soli Stati Uniti, malgrado i tempi per accreditarsi siano tra i cinque e i sette anni) e sconfessare i fake, in Occidente si moltiplicano le discipline para-yogiche. Identità versus marketing. Non più una, ma un florilegio di scuole spacciate per l’originale: è la grande guerra dello yoga, tutto il contrario di consapevolezza, relax, meditazione. Complice un business che negli Stati Uniti, secondo la Sports and Fitness Industry Association, conta 22 milioni di praticanti. E movimenta un volume d’affari che, tra scuole e indotto, vale circa 10 miliardi di dollari l’anno.
L’acro yoga
Per un excursus veloce basta fare due passi nell’iper salutista La Jolla, in California: uno studio di yoga dopo l’altro, senza soluzione di continuità. E una selva di cartelli che promettono di accompagnare il neofita dallo smoothie iniziatico (immancabili, nel frullato antiossidante, goji, açaí e pitaya) al saggio di virtuosismo. Da Trilogy Sanctuary, per la classe di aerial yoga (l’antigravity con le amache) sulla terrazza vista oceano c’è sempre la lista d’attesa. Già rimpiazzata — il nuovo è effimero, si sa — dall’acro yoga: «Si pratica in coppia — spiega l’insegnante, Wes Gilmore — alternandosi nei ruoli di flyer o di sostegno al partner. Per gli acrobati è un’attività di riabilitazione, ma incuriosisce anche i principianti. Le richieste sono in aumento, stiamo ampliando lo spazio dedicato».
Pionieri del genere, i ballerini Eugene Poku and Jessie Goldberg, fondatori di AcroYoga Montréal nel 1999: fusione di danza, arti marziali, break-dance, improvvisazione teatrale e vinyasa. L’altro epicentro è a Berkeley, in California, dove Jason Nemer, che ha rappresentato gli Usa al Mondiale di sport acrobatici di Pechino nel ‘96, dodici anni fa ha aperto la società Acro Yoga. Tre i pilastri: la pratica «solare» (per coltivare fiducia, empowerment, gioia); quella «lunare» (per imparare ad ascoltarsi, amare e lasciarsi andare); lo yoga, ovvero l’anello di congiunzione. Dall’esercizio zen al gioco, fino a inglobare brani di pole dance: già, perché l’acro yoga è anche questo, movimenti sinuosi nel cerchio (lyra). Fioriscono, così, neologismi tra i più creativi: aerial hoop, circo acrofit, acro balance, aerial dragonfly (con funi o trapezi)... Moda, esibizionismo, competizione stanno snaturando lo yoga? «Penso che la pratica sia autentica solo se la persona ha un desiderio profondo di autenticità e di aprirsi all’universo — sotto- linea Beth Shaw, fondatrice del metodo YogaFit, che ha da poco pubblicato il suo ultimo libro, «La dieta yoga» (edito in Italia da Sperling & Kupfer, ndr) — . La maggior parte delle persone sono seguaci, scelgono di emulare qualcuno o qualcosa perché li ritengono più potenti... Gli istruttori migliori li guidano all’auto-ascolto. Chi si sente un guru e, invece di mettere al centro gli allievi, punta i riflettori su di sé è solo un narcisista».
Tipi da yoga
Dal funambolismo aereo a quello rasoterra. Tra i tappetini. Ovvero, le «personalità yogiche» descritte da tre insegnanti in un’intervista alla Cnn. In testa alla classifica, impietosa, è il «pavone». «Il classico tipo che si cimenta nelle posizioni più difficili, solo per dimostrare di essere il primo della classe». La variante è racchiusa nella sindrome «WMB», «Want Madonna body» (voglio un fisico scolpito come quello di Madonna). Ci sono poi quelli che, nonostante l’iperidrosi, dimenticano sempre l’asciugamano a casa e indossano giusto qualche centimetro di lycra.
E ancora, i drogati di lavoro: attaccati allo smartphone tra una serie e l’altra. Pronti a saltare il savasana, figuriamoci il saluto ( namaste), per fiondarsi nello spogliatoio e volare in ufficio. E i «cuccioli» dello yogi? «Scodinzolanti. Sempre in prima fila, ti inondano di like su Facebook». Per non parlare delle groupie, al settimo cielo anche se vengono rimproverate: «Mi ha sgridato, allora si è accorto di me». O delle «human pretzel», gli snodati di natura che a colazione si sgranchiscono con verticali e contorsioni. «Dobbiamo imparare a riconoscere questi segnali, sono scritti sul corpo — concordano gli intervistati — . Solo così possiamo incontrare la persona nella sua totalità e aiutarla a liberarsi».
Yoga e birra artigianale
Tale tipo, tale sottocategoria: l’offerta, con taglio quasi lombrosiano, si polverizza. Perché la guerra è anche questione di affari, non solo di tendenze. Succede, così, che al bio-vegano si affianchi l’abbinamento yoga-birra artigianale. A Washington il mix di asana e ale pare funzioni. Sono diverse le birrerie che ospitano classi di yoga innaffiate da pinta della casa. «Ci aiuta a raggiungere un pubblico per il quale non saremmo stati la prima scelta», spiega Patrick Mullane, co-proprietario della Hellbender Brewery.
La pratica, dunque, come viatico alla tasting room, l’angolo degustazione: «Un luogo socializzante, che crea comunità», sottolinea Al Chadsey, general manager del Capitol City Brewing. Il motto della Resolution brewing company, ad Anchorage (Alaska), è ancora più esplicito: «Detox to retox». Tradotto: prima la purificazione (dalle tossine o dal senso di colpa?), poi la sbevazzata. Il pacchetto (20 dollari) comprende: lezione con «insegnanti certificati» (il ministero indiano dell’Ayush lo sa?) e boccale colmo fino all’orlo. Più che namaste, cheers. Salute.
In coppia Tra le ultimissime novità, l’acro yoga: va praticato in coppia e uno dei due assume, alternandosi con il partner, il ruolo di flyer