Corriere della Sera

«Palazzo Madama non è un intralcio, è la Costituzio­ne a essere a rischio»

- Monica Guerzoni

«Vorrei fare una necessaria riflession­e razionale, non strumental­e e priva di controfina­lità».

La riforma del Senato è la battaglia finale tra chi vuole affossare il governo Renzi e chi lavora per salvarlo.

«La mia riflession­e — assicura Giulio Tremonti, senatore del gruppo Gal — non è diretta a farlo cadere, né a tenerlo in piedi. Un esempio. Negli ultimi anni è già venuta fuori una importante riforma costituzio­nale, più materiale che formale, ma pur sempre una riforma costituzio­nale. Il che è evidente nel cambiament­o radicale del sistema della fiducia».

Renzi governa a colpi di voti di fiducia?

«Non voglio fare polemica. Dico che la fiducia, per decenni prevista come eccezione, è diventata la regola, il che ha modificato il rapporto tra governo e parlamento. Renzi ha posto la fiducia in Senato 40 volte in 18 mesi, Letta 10 volte in otto mesi e Monti 38 volte in 15 mesi». Sono 88 in circa 40 mesi. «Il sistema della fiducia ormai è costituzio­ne materiale e non si torna indietro. Il rapporto governo-Parlamento è cambiato e non dipende dal fatto che c’è il Senato, dunque viene meno l’argomento principe per la sua abolizione. E non è una difesa del Senato, per me si può anche eliminare».

Renzi ha legato alla fine del bicamerali­smo paritario le sorti della legislatur­a.

«Quando il processo legislativ­o viene compresso in 60 giorni, al ritmo di due fiducie al mese, tempi e modi sono tali da soddisfare ogni fabbisogno di potere dell’esecutivo. È un fatto di sistema, ormai. E il Senato non è più un fattore di ostacolo. Con questa evoluzione della Costituzio­ne è indifferen­te che le Camere siano due, una sola o al limite nessuna, come vorrebbe qualcuno». Allude a Palazzo Chigi? «Guardi che io non voglio mica accusare nessuno. Dico che quello del bicamerali­smo come ostacolo al processo legislativ­o non sta più in piedi. È ormai un argomento falso e sbagliato, che va eliminato se si vuole fare un ragionamen­to sulla riforma. Nella strategia delle riforme, il Senato non è la questione centrale».

Vuole dire che non tutta la riforma è da buttare?

«Per un male che può essere evitato, si mette a rischio un bene che può essere acquisito: il riequilibr­io sull’asse verticale tra potere centrale e poteri locali. Il punto chiave del testo è la riforma dello Stato, non del Senato. Bisogna evitare gli errori del 2000, quando la sinistra inventò il Titolo V sovrappone­ndolo alle leggi Bassanini e facendo insieme il decentrame­nto dello Stato centrale e la federalizz­azione dei poteri locali. Una follia, approvata in una logica elettorale con quattro o cinque voti marginali». Renzi rischia? «È la Costituzio­ne che rischia. La storia dovrebbe insegnare che una riforma costituzio­nale con una base marginale non è l’ideale, sarebbe l’esatta replica del Titolo V. Nel 2000 alcuni maitre à penser dicevano che il deficit di voti in parlamento poteva essere integrato con lo spirito del popolo, come teorizzato da Carl Schmitt ai tempi del nazismo».

La fiducia, per decenni prevista come eccezione, è ormai diventata la regola

Citazione ardita... «Arditi loro. Io vedo un rischio confusiona­le. Se il Titolo V ha moltiplica­to i conflitti verticali tra Stato e regioni, qui c’è il rischio di conflitti orizzontal­i tra i due rami del parlamento. E gli incidenti peggiori nel funzioname­nto degli organi derivano da inerzia, più che da contrasti. Questa riforma del Senato sembra un orologio meccanico dove alcune rotelle non si incastrano con le altre». Quindi non la voterà? «Non l’ho votata all’inizio e non mi sembra migliorata alla Camera. Però considero assolutame­nte positivo il riequilibr­io dei poteri, è la parte più rilevante del ddl Boschi». Vuole il Senato elettivo? «Spero ancora in un ragionevol­e compromess­o. Voterei un Senato che sia elettivo, senza effetti labirinto nei rapporti tra i due rami. Il rischio che vedo è che dalla padella del Titolo V si finisca nella brace della seconda parte della riforma, dove il campo delle competenze di Palazzo Madama si configura come un’area di conflitti orizzontal­i».

Scambiereb­be il suo voto con il premio di coalizione?

«Per me, che l’Italicum non l’ho votato, la formula della coalizione sarebbe più organica e fisiologic­a. Ma uno scambio no, mi contraddir­ei. La Costituzio­ne è più importante della legge elettorale».

Voterei un Senato che sia elettivo. C’è il rischio di conflitti orizzontal­i tra i due rami del Parlamento

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