Corriere della Sera

L’idea di una legge quadro alla quale le Regioni adeguerann­o le loro normative

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le competenze del Senato. E sul resto offre solo pochi margini: «La mediazione che io propongo — spiega Renzi ai suoi — riguarda i listini, non altro».

Tradotto dal politiches­e all’italiano, significa che l’elezione diretta dei senatori non è prevista in nessun modo: l’articolo due del ddl non si cambia, se non nella parte in cui è stato già modificato alla Camera, ossia il comma quattro, quello sulla composizio­ne di palazzo Madama. Quel famoso paragrafo in cui un «nei» è stato sostituito da un «dai» e il resto del significat­o si è perso per strada.

Insomma, per farla breve, la mediazione è questa: niente elezione diretta dei senatori, piuttosto, un listino a parte, nelle regionali, grazie al quale l’elettore darà un voto a chi vuole diventi senatore. Morale della favola: verrà partorita una legge quadro, alla quale le regioni trattiva, ma fino a un certo punto: «Tutti i segnali vanno nella direzione che abbiamo indicato da mesi, quella di un’Italia tutt’altro che rassegnata, ma che anzi sta ripartendo. E questi risultati vanno insieme alle riforme, perché quello che dobbiamo fare è creare un clima positivo nel Paese».

Dunque, ancora una volta «avanti tutta», in attesa di quel referendum confermati­vo nel 2016 che è l’obiettivo finale del presidente del Consiglio. Se quell’appuntamen­to con le urne coinciderà con le elezioni non è dato sapere. Ma intanto Renzi si attrezza, portando a casa la riforma costituzio­nale. Il premier non vuole le elezioni anticipate e non ci punta, ma da animale politico quale è non le può nemmeno escludere: «Io sono pronto», continua a ripetere. E nel frattempo attende le mosse degli oppositori esterni e interni.

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