La destra americana incorona Kim «martire» anti-gay
Rifiuta di firmare le licenze di nozze, arrestata
Per la destra Kim Davis — la funzionaria comunale del Kentucky arrestata per il suo rifiuto di emettere licenze matrimoniali per le coppie gay come imposto dalla legge dopo la recente sentenza della Corte Suprema — è una martire dell’intransigenza dei progressisti che calpestano il diritto all’obiezione di coscienza su base religiosa. Per la sinistra, invece, l’intransigente è Kimberly: una dipendente pubblica che viola il suo giuramento di fedeltà allo Stato, rifiutandosi di applicare la legge e di obbedire agli ordini della magistratura, nel nome di una non meglio precisata «legge di Dio».
La realtà del caso di Ashland, però, è assai più complessa e piena di paradossi: una trama capace d far impallidire quelle pirandelliane. A cominciare dal fatto che l’integralista Kimberly è una democratica eletta alla guida dell’ufficio comunale sconfiggendo un candidato conservatore, mentre David Bunning, il magistrato federale che ha deciso il suo arresto, è un giudice repubblicano a suo tempo nominato da George Bush. Bunning è stato più duro delle coppie gay che avevano denunciato la Davis solo per farla multare. Lui dice che non aveva scelta: «Il rifiuto di applicare leggi dello Stato, se non sanzionato, crea un precedente molto pericoloso».
Quando, a giugno, la Corte Suprema ha esteso a tutta la nazione il diritto delle coppie gay di sposarsi, si sapeva che nel Sud ribollente di integralismo religioso e del conservatorismo radicale dei Tea Party, ci sarebbero stati problemi. Ma nessuno aveva immaginato una sceneggiatura come quella dello psicodramma andato in onda nella contea di Rowan, che da due giorni monopolizza l’attenzione dei tg americani. Una sceneggiatura che è figlia anche della particolare struttura istituzionale del Kentucky.
Criticatissima dai progressisti che l’accusano di fare la moralista sui matrimoni gay quando lei stessa, pluridivorziata (a 50 anni è al quarto marito),
non si è fin qui preoccupata troppo della «legge di Dio», Kim Davis è uno strano animale anche dal punto di vista amministrativo. Per 24 anni, in comune, ha lavorato come dipendente di sua madre, Jean, che l’aveva assunta e le aveva assegnato pure un stipendio molto alto. Tutto legale: le norme del Kentucky consentono agli «official» eletti di assumere parenti e di fissare i relativi livelli retributivi. Quando Jean si è ritirata, alla carica di capo ufficio (che in questo Stato è elettiva) si è candidata Kim: è stata eletta. Questa, in un certo senso, è la vera anomalia del caso. Secondo i giuristi la funzionaria aveva il diritto, in base alle sue convinzioni religiose, di non sottoscrivere una licenza matrimoniale per una coppia
omosessuale. Ma avrebbe dovuto dimettersi e lei non lo ha fatto. L’amministrazione avrebbe dovuto avere la possibilità di licenziarla per ripristinare il servizio interrotto dal suo rifiuto, però la legge non
prevede il licenziamento per chi è stato eletto dal popolo. E’ possibile solo l’allontanamento per sfiducia politica. Ma il Parlamento conservatore del Kentucky non aveva una gran fretta di intervenire. Bunning ha deciso, così, di rimuovere il blocco levando di mezzo la Davis con l’arresto e chiedendo ai suoi 5 vice di ricominciare ad emettere licenze matrimoniali. Hanno obbedito tutti salvo il figlio di Kim. Il giudice ha riattivato le procedure ma forse, mettendola dietro le sbarre, ha proiettato Kim verso la politica nazionale. Tra nepotismi di periferia e stipendi gonfiati, non sembra avere il profilo giusto, ma nell’America radicalizzata di oggi, mai dire mai.
Paradossi Eletta con i democratici alla guida del comune è stata arrestata da un giudice repubblicano
Dubbi etici La sinistra l’accusa di «falso moralismo»: è pluridivorziata, già al quarto marito