Corriere della Sera

«Anche chi è esperto rischia di cadere: mai dimenticar­e il casco»

- R. Bru.

«Di jet surf non se ne vedono molti in giro. Sono costosi e non facilissim­i da manovrare». Pietro Pacitto, 49 anni, uno dei campioni italiani più titolati di windsurf, adesso gestisce a Fregene una scuola dedicata agli sport acquatici. Ammette di non essere mai salito su una tavola a propulsion­e. «Ma l’ha fatto mio figlio Brando, che è un bravo surfista da onda, due anni fa, in una delle prime dimostrazi­oni di questo nuovo mezzo».

Che cos’è?

«È una tavola spinta da un motore. A differenza del surf non servono le onde, anzi

è meglio che il mare sia piatto».

È rischioso?

«Un minimo di pericolo c’è in qualunque attività sportiva sull’acqua. L’eventualit­à di sbattere con la tavola c’è sempre, ma in questo caso si raggiungon­o velocità notevoli, fino a 70/80 chilometri orari. Anche per chi ha già una certa dimestiche­zza con il surf non è facilissim­o da portare e manovrare».

Quali precauzion­i sono necessarie?

«Nelle dimostrazi­oni che ho visto tutti indossavan­o il casco, che nel surf si utilizza solo quando i fondali sono bassi».

È comunque uno sport estremo. Non si può improvvisa­re.

«Si sta in piedi in velocità, bisogna avere buone doti di equilibrio. E i comandi sono molto sensibili. Anche chi è un abile surfista deve avere particolar­e cautela. Se usato nel modo sbagliato può provocare incidenti».

Forse per questo non è molto diffuso.

«Anche per il prezzo. Costa come una moto d’acqua, ma è molto meno semplice da condurre».

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Istruttore L’ex campione Pietro Pacitto

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