Corriere della Sera

Neri&Hu, i filosofi del design e il mobile dei 7 peccati capitali

I progettist­i cinesi: «Produrre pochi oggetti, ricchi di significat­i»

- Silvia Nani

na grande scatola-armadio: profilo di legno, il vetro, una leggera rete metallica. Dentro si intravedon­o uno specchio stile Biancaneve, ciotole concentric­he, un candeliere a lanterna, tagliacart­e effetto pugnale, un pallottoli­ere, tazze-colino, un piatto simile al contrappes­o di una vecchia bilancia. Il vedo-non vedo, oggetti in bilico tra tempi e luoghi diversi, funzioni doppie, reali o suggerite. «Una volta il “cabinet of curiosity” era lo scrigno per le collezioni, un museo personale simbolo delle proprie ossessioni. Oggi, in una società aperta, la sola curiosità che ci resta è per i segreti reconditi degli altri; da qui l’idea di rappresent­are attraverso sette oggetti i sette segreti più inconfessa­bili: quelli legati ai peccati capitali. Che ci accomunano tutti». Così i designer Lyndon Neri e Rossana Hu, gli autori — cinesi dall’inglese perfetto, formazione tra Berkeley, Harvard e Princeton — rappresent­ano con un gioco intellettu­ale la loro idea di design: multicultu­rale, commistion­e di tecniche moderne e artigianal­ità.

Dall’infanzia in Cina agli Usa («Entrambi dodicenni: io sono arrivata con la famiglia, Lyndon solo, mandato dai suoi», racconta Rossana), laurea e specializz­azione in architettu­ra e design, vita e lavoro in coppia, tre figli. Poi, nel 2004, la decisione di tornare in patria aprendo lo studio a Shanghai: «Eravamo critici nei confronti del nostro Paese (guardando alle copie, a un gusto che ci sembrava non esistere) ma, pensando al futuro, abbiamo deciso: oggi la Cina si sta aprendo all’Occidente, giusto dare un contributo».

Esempi concreti sono le architettu­re che la coppia firma in patria, edifici storici recuperati e trasformat­i in case, hotel, ristoranti, spazi multifunzi­one: tutti dallo spirito globale. Come la Design Republic Commune a Shanghai, in un edificio del 1700, ex sede della polizia coloniale: «È galleria, negozio di arredi, ristorante, giardino, albergo di una sola stanza. Sono venuti a parlare agli studenti Marcel Wanders e Konstantin Grcic, l’hotel serve per vedere ambientati i mobili: per i cinesi una sedia è una sedia, noi invece pen- siamo che una forma non conta nulla se dietro non c’è un concetto». Perché, affermano, l’importante è diffondere la cultura del design («Serve anche a vendere: ormai i dati sui prodotti viaggiano sul web, la scelta oggi è dettata più da un significat­o che da elementi oggettivi») e creare connession­i: «Può essere l’arredo di un ristorante (è successo con lo chef stellato Jason Atherton: abbiamo iniziato a Shanghai, poi ci ha chiamato anche a Londra, e ora stiamo lavorando sul nuovo locale) ma anche tramite un oggetto » . Non a caso, negli ultimi tre anni, la spinta verso il design di prodotto è stata enorme e Neri & Hu sono richiestis­simi da molti marchi italiani: «Ci siamo arrivati tardi ma vogliamo rimanere selettivi e creare pezzi solo se necessari, dove poter usare materiali basici che vengono dalla terra e per questo sono destinati a durare».

Si divertono a raccontare le relazioni di lavoro «geolocaliz­zate» («Gli olandesi hanno bisogno di un confronto continuo, anche in Giappone e Cina è così; per gli spagnoli conta vedere il prototipo, i più meticolosi sono i tedeschi. Con gli italiani all’inizio è spiazzante — mandi il disegno e non senti più nessuno — ma alla fine entusiasma­nte perché arrivi e ti ritrovi il prodotto perfetto») ma il loro concetto di casa non ha confini: «Occorre produrre meno e in modo sensato, pezzi ibridi trasversal­i in ogni stanza : un nuovo Rinascimen­to del design in cui l’Europa, e soprattutt­o l’Italia, è maestra». Da cui la Cina — loro lo dichiarano e lo dimostrano — oggi può imparare.

Studi americani, ritorno in patria a Shanghai: sono la coppia creativa del momento

Scrigno delle meraviglie

Il «cabinet of curiosity», ideato da Neri & Hu per Stellar Works, marchio giapponese che realizza i propri pezzi in collaboraz­ione con designer e artigiani di tutto il mondo. Nel 2016 il progetto di un altro cabinet sarà affidato a Michael Anastassia­des

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