Il dinoccolato Lutz: da Pina Bausch ho imparato pazienza e umanità
di Förster sembra che il Tanztheater abbia scavato un’impronta sapienziale, da asceta laico, da cui è però lecito aspettarsi un guizzo di algida ironia, come si è visto nella sua apparizione al Festival di Sanremo nel 2013. Non a caso è stato il danzatore prediletto dalla più compianta tra le coreografe, colei che Federico Fellini definiva: «una monaca col gelato, una santa coi pattini a rotelle, un volto da regina in esilio, da fondatrice di un ordine religioso, da giudice di un tribunale metafisico, che all’improvviso ti strizza l’occhio». In quell’ordine religioso-coreografico che è il Tanztheater Wuppertal, Forster è entrato senza restarne però segregato, tanto che oggi si definisce, nel suo profilo biografico, «un uomo di talento»: «Sì, ho fatto tante cose nella mia carriera, ballato, recitato, insegnato alla Folkwang University, ora dirigo il Tanztheater. E poi radio e film. Per Pina ho ballato ogni anno, ma mi ha lasciato libero di andare. Pur restando legato alla compagnia, ho lavorato a New York nella Limon Dance Company
Il sovrano dell’isola
Léonide Massine (1896-1979) sull’isola di Li Galli, di fronte a Positano. Il ballerino e coreografo di origine russa arrivò qui nel 1917 e nel 1924 vi fece costruire una villa, alla ristrutturazione della quale, nel 1937, contribuì anche Le Corbusier. La casa fu poi comprata nel 1989 da Rudolf Nureyev, che la lasciò solo alla fine del 1992, nell’imminenza della morte per 16 anni e con Bob Wilson, con cui ho fatto meravigliose produzioni ad Amburgo e alla Scala».
Quando la Bausch morì nel 2009, gli proposero la direzione del Tanztheater: «Pensavo non fosse per me quel ruolo a Wuppertal. Ma nel 2013 due direttori artistici si ritirarono. Fu allora che la compagnia nel suo complesso, 55 persone tra tecnici e impiegati, mi disse all’unanimità: “dovresti dirigere tu”. Ho accettato per 3 anni, ma nel 2016 voglio tornare a fare il professore a Essen». Quando scompare il leader di una compagnia d’autore, il repertorio rischia la cristallizzazione: «Non è il nostro caso. Per la prima volta stiamo per accogliere altri autori: il 18 settembre presenteremo tre creazioni firmate da Tim Etchells, Cecilia Bengolea & François Chaignaud, Theo Clinkard. Quanto ai danzatori, il ricambio generazionale è una necessità biologica: negli ultimi due anni ne sono entrati in compagnia sei. La compagnia nel mondo è richiesta più che mai, non c’è alcuna ragione di fermarsi». Ai giovani insegna tecnica di danza contemporanea: «L’approccio è molto semplice e si riassume in una sola parola: umanità. Accettare chi sei, autenticamente, come artista e come persona. La danza è questo».