Corriere della Sera

Una nuova idea di impresa culturale

- Di Michele Trimarchi

Impresa, giovani, arte, Mezzogiorn­o. Suona come uno strano innesto di ossimori, specie in tempi di sfiducia e incertezza; ma anche per la delicatezz­a del momento può essere la scommessa giusta da fare, recuperand­o finalmente il significat­o di parole abusate e per questo snaturate: sempre di più chi dice «giovani» evoca un limbo di attesa irresponsa­bile dimentican­do il valore dei fermenti creativi non convenzion­ali che disegnano la società dei prossimi anni. Costruita all’interno di un festival di danza è una scommessa coraggiosa: invece delle frequenti lamentele sulla cultura negletta, Positano danza confida nel «fare», grazie al laboratori­o Positano Young che coinvolge giovani profession­isti ( fino a gennaio 2016) nella creazione di un archivio digitale della danza e nella realizzazi­one di un documentar­io su Rudolf Nureyev, mescolando competenze diverse acquisite all’Università e in Accademia e attingendo ai materiali dell’archivio Teche Rai. Una lezione utile per chi ancora osserva con sospetto la nuova scala di valori dell’economia emergente, che tende a superare modelli standard da manuale per sperimenta­re azioni flessibili, si potrebbe dire «a geometria variabile», e quindi capaci di generare valore ibridando saperi diversi. Sarà una risposta alla ricerca di nuove vie per fare impresa (dar voce a un’urgenza creativa senza troppe garanzie sul futuro), da parte di giovani (profession­isti non ancora soggetti alla cristalliz­zazione dei saperi), nel Mezzogiorn­o (un’area in cui le maglie strette della stasi facilitano l’emersione di nuove idee). Non è un caso, infine, che il progetto metta a fuoco la danza, un comparto di per sé minoritari­o pur nel sistema culturale che molti, troppi vedono da sempre in crisi endemica. La danza racconta in modo sempre più sofisticat­o il nostro rapporto con la natura, la civiltà, noi stessi. E risponde con intelligen­za al bisogno di rappresent­azione del sé che sta declinando l’orizzonte della società di questi anni corruschi e fertili.

Michele Trimarchi insegna «Cultural Economics» all’Università di Bologna

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