L’ossessione di Depp
Migliaia di fan adoranti per il divo, protagonista di «Black Mass» su un celebre criminale americano Irriconoscibile nel ruolo di un gangster «Mi piace trasformarmi sul set Una mania che ho ereditato da Brando»
Ciuffo lungo ma solo da una parte, anelli punk, un filo di barba trendy. Ma nessuno riesce a vedere per intero il divo Johnny, tra un mare di fan adoranti, urla, poliziotti, cani che abbaiano, sotto un vento impetuoso che porta pioggia. Arriva un corteo di cinque macchine nere per fare venti metri. «O è in questa o è in quella», si fanno scommesse misurando la lunghezza delle auto. «A chi mi aspetta dalle sei del mattino (non mi piace chiamarli fan, è una parola che non funziona con me), dico che sono i nostri capi, vogliono andare al cinema e ci mettono cuore, è commovente ricevere questo tipo di benvenuto. Grazie capi». In una sala stampa mai così gremita (esauriti anche i posti in piedi), Johnny Depp manda a voce una cartolina al «suo» popolo, mentre torna a essere se stesso, un sex symbol un po’ stagionato ma irresistibile.
Invece nel film Black Mass- L’ultimo gangster di Scott Cooper (fuori gara) è irriconoscibile, denti grigi, capelli radi portati all’indietro, gli hanno rimodellato il naso col silicone, cambiato con le lentine azzurre il colore degli occhi, «che dovevano essere perforanti. Cerco di sorprendere il pubblico e di non annoiarlo. Anche a inizio carriera ho preferito essere un caratterista piuttosto che un poster per i ragazzini. Trasformarmi fisicamente è la mia ossessione, come lo è stata per Marlon Brando e John Barrymore». Dopo Dillinger, fa un altro criminale realmente esistito, è vivo e sta scontando due ergastoli. Si chiama James «Whitey» Bulger, classe 1929, era il secondo ricercato in Usa, dopo Osama bin Laden.
È stato arrestato nel 2011 in California, in passato aveva scontato appena nove anni ad Alcatraz, dopo aver collezionato undici omicidi, e poi estorsioni, droga, non c’è settore della criminalità in cui non abbia impiegato il diavolo che c’è in lui. A Johnny chiedono se abbia attinto alla sua zona oscura, visto che è così credibile. «Il malvagio che c’è in me l’ho accettato molto tempo fa, siamo vecchi amici ormai. Ma nessuno si sveglia al mattino, si guarda allo specchio e dice: oggi faccio qualcosa di cattivo. Bulger va visto nel contesto del suo business violento».
I blockbuster più recenti con il divo Depp (fresco sposo di Amber Heard, in passerella con lui e oggi attesa per The Danish Girl) non sono andati bene al box office, e la rivista Ciak gli ha fatto le pulci elencandoli a uno a uno. Qui ci sono tutte le premesse per il suo riscatto: «Quando interpreti una persona del tuo tempo hai una grossa responsabilità. Dillinger al confronto era quasi Robin Hood. Ho chiesto di incontrare Bulger in prigione, ma ha rifiutato. Non credo sia contento dell’omonimo libro di Dick Lehr e Gerard O’Neill, all’epoca cronisti del Boston Globe, da cui siamo partiti». È la seconda volta in due giorni, dopo i preti pedofili in Spotlight, che alla Mostra esce il peggio della mite Boston, colta ed «europea». Ma ditelo a chi ha vissuto gli anni 80 nella zona Sud della città. Il territorio era conteso tra gli italiani « mangiaspaghetti» della mafia e gli irlandesi di «Whitey» Bulger. Che stringe un’alleanza con l’agente dell’Fbi John Connelly: si è beccato quarant’anni di carcere. Il Signore del crimine di Boston ha fatto carriera grazie allo sguardo girato dall’altra parte di un ufficiale dell’Fbi.
«Era ambizioso e voleva eliminare la mafia, troppo tardi quando si è accorto dell’errore. Proprio lui, che aveva un’ossessione per gli infami, si ritrova a essere un informatore degli sbirri».
Capitolo imprevisto: il fratello (Benedict Cumberbatch) di Bulger fu il politico più influente della città; dopo la cattura di «Whitey» dovette lasciare il Senato, in cambio lo nominarono rettore dell’Università. «Erano su fronti diversi, eppure hanno sempre fatto visita alla loro mamma ed erano uniti». La corruzione, l’ambizione, l’inganno. Shakespeare non è lontano da Boston. Forza, Johnny Depp, corri a riprenderti il successo.
Malvagio «Ho accettato molto tempo fa il malvagio che c’è in me: ora siamo vecchi amici»