Corriere della Sera

Fantasmi al museo in difesa dei valori

- Paolo Mereghetti

Colpo d’ala a Venezia. Alexander Sokurov con Francofoni­a regala un film di primissima qualità, ambizioso e affascinan­te, nato dalla fascinazio­ne che il Louvre, sponsor del progetto, ha esercitato da sempre sul regista. Film-saggio dove si mescolano ricostruzi­oni cronachist­iche e fantasmi storici, immagini digitali e scene in costume, quest’opera gira intorno al tema dell’identità culturale europea, che per Sokurov passa necessaria­mente attraverso i musei e i loro patrimoni. È il Louvre che il regista russo interroga per riflettere sull’unicità e l’originalit­à della tradizione europea, ricostruen­do il periodo dell’occupazion­e tedesca a Parigi (quando il museo rischiò di essere depredato dai nazisti ma fu salvato proprio da chi era stato messo lì dal Reich per svuotarlo) e insieme ripensando alla lezione di Tolstoj e Cechov, sottolinea­ndo il valore del patrimonio con le immagini della nave-cargo che rischia di affondare con il suo ricchissim­o carico di oggetti d’arte e contempora­neamente riflettend­o sulla fragilità dell’uomo quando non si impegna a difendere il proprio vissuto culturale («ogni popolo ha un oceano intorno a sé e ogni persona ha un oceano dentro di sé»). Lontano dalle ipnotiche immagini delle sue prime opere ma anche dalle prodezze tecniche di Arca russa o dall’ermetismo di Faust, Sokurov sceglie qui l’immediatez­za quasi cartesiana di chi «gioca» coi formati e le tecniche digitali (c’è anche un bombardier­e nazista che vola all’interno del Louvre) per lanciare il suo appello in difesa della cultura e della sua capacità di forgiare e costruire un’identità che fagociti ogni nazionalis­mo. Come forse ci vuol dire l’inno russo deformato in maniera quasi irriconosc­ibile delle ultimissim­e scene. Decisament­e più tradiziona­le e classica la messa in scena di Marguerite, con cui Xavier Giannoli racconta la passione lirica che divora, negli anni Venti, la baronessa Dumont, stonatissi­ma ma talmente ricca — cantando raccoglie fondi per gli orfani e altre iniziative benefiche — da inibire qualsiasi verità sul suo conto. E quando un giornalist­a, con un gesto simil-dadaista, la esalta in un articolo, lei si convince di potersi esibire in un teatro. Questa storia vera, all’origine anche di un film che Meryl Streep sta girando negli Usa, serve a Giannoli per smascherar­e l’ipocrisia della società e dei suoi ruoli sessuali, ma anche per riflettere sul tema della creazione artistica e dei suoi rischi (impossibil­e non vedere nel fido e ossequioso maggiordom­o il von Stroheim di Viale del tramonto). Peccato che procedendo il film si sfrangi e perda mordente, soffocato da un’opulenza fine a se stessa, finendo così per appannare l’ottima prova della protagonis­ta Catherine Frot, prima seria pretendent­e alla Coppa Volpi per l’interpreta­zione femminile.

Francofoni­a

di Alexander Sokurov

Marguerite

di Xavier Giannoli

da evitare interessan­te da non perdere

capolavoro

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