Parte la scalata dell’Italia dei canestri Il debutto con i turchi è già una finale
Al via gli Europei. Petrucci sogna l’oro, il tifoso Paltrinieri: «Abbiate fiducia in voi»
Se la Spagna ha don Sergio Scariolo, da ieri l’Italia ha don Simone Pianigiani, «il numero uno dei tecnici» gongola il presidente Gianni Petrucci, completando l’investitura laica e non religiosa del suo c.t. con un carico da undici: «Siamo quelli che vogliono e devono arrivare».
Salute e benvenuti all’Eurobasket, che per l’Italia rischia di essere un Armageddon per dividere il Bene (prima di tutto la possibilità di entrare nell’orbita olimpica; poi, semmai, anche di più) dal Male, che ha il volto ghignante di turchi, islandesi (pure loro? Sì, pure loro: se li acchiappi per il verso sbagliato, possono rovinarti «perché — frase già di culto dell’assistente dei Denver Nuggets — in realtà sono una squadra di football americano»), spagnoli, tedeschi e serbi, avversari in un girone di ferro potenzialmente capace di mandarci a casa in una settimana e di consegnarci non al podio ma ai pomodori.
Così don Simone butta l’occhio alla platea dei giornalisti e incrocia lo sguardo di Gregorio Paltrinieri, l’ospite di lusso della conferenza stampa, il macinatore di vasche che adora il basket («L’ho sempre amato: da bambino sognavo di diventare alto 2,20. Ma la passione si è trasformata in febbre vedendo giocare Allen Iverson; ora l’idolo è Carmelo Anthony e per questo tifo New York») e che, essendo campione del mondo, incidentalmente può dare qualche idea su come si fa a vincere. «Avrei voluto che la squadra si allenasse tanto quanto te, invece ho dovuto trovare un linguaggio comune in poco tempo», sospira Pianigiani, declinando poi le concessioni fatte al gruppo — dall’uso dei cellulari agli interventi sui social network —, affinché non si dica che la sua pellaccia da duro non si è ammorbidita. Ad ogni modo davanti a una domanda forse senza risposta, Greg da Carpi, colui che divora i 1.500 stile libero come uno sfilatino, trova parole interessanti: «Prima di ogni gara ho fiducia in me. La testa è decisiva e questo è il mio messaggio ai ragazzi».
Augurandosi «di ritrovare la nazionale ai Giochi di Rio», Paltrinieri vedrà solo ItaliaTurchia e poi tornerà a casa ad allenarsi. Assisterà, oltre a una partita che Ergin Ataman definisce «come una finale», a una delle belle storie che lo sport a volte offre. Pianigiani è stato vice e allievo di Ataman a Siena. Poi le carriere si sono separate ed è già capitato che i due si affrontassero. Ma stasera la sfida sarà speciale. «Oltre al risultato, c’è la parte emotiva — ammette il coach turco —. Quando ho trovato Simone a Siena, mi sono rivisto in lui: anch’io ero partito dai settori giovanili. Credo di avergli dato un modello di lavoro e di serietà». Don Simone del collega teme la tenacia da generale pugnace («Ergin è un animale da partita») e la capacità di aggiustare assetti e soluzioni. «Dovremo eliminare le pause e combinare momenti importanti» dice, aggiungendo di aver guardato in faccia i giocatori e di aver ricevuto messaggi positivi. La sintesi è di capitan Datome («Nelle nostre carriere questo Europeo è cerchiato in rosso»), l’ultima parola di Petrucci: «Perché non pensare all’oro? Ho una pressione che mi farebbe spaccare il mondo: spero che sia condivisa e che la squadra la sfoghi». Il presidente «rompiscatole» (autodefinizione), il dirigente «tornato bambino grazie al basket» si prepara a un tifo tormentato: «Non starò mai fermo, sarò peripatetico». L’augurio è che la sua Italia, di quella definizione, non perda il «peri» iniziale.