Corriere della Sera

CONFINI E PARADOSSI D’EUROPA

- Di Danilo Taino

Se l’euro non è morto con la crisi greca, è perché è troppo importante: i Paesi membri non lo vogliono lasciare morire. Lo stesso vale per Schengen. Assieme alla moneta unica, la libertà totale di movimento tra Paesi è, per i cittadini, il segno più rilevante dell’esistenza dell’Europa. Il trattato può essere sospeso — come d’altra parte è previsto dalle norme che lo regolano — in casi eccezional­i. Ed eccezional­e è, in queste ore, l’arrivo di migliaia di rifugiati in cerca di asilo che vanno organizzat­i e messi al riparo, in attesa di soluzioni stabili. Ma, a meno di catastrofi non prevedibil­i, rimarrà e, lentamente, tornerà a funzionare. Non sarà più lo stesso; ma se la Ue non vuole suicidarsi rimarrà.

Il problema è che, come è successo all’eurozona, di fronte a una grande crisi Schengen vacilla. In un campo diverso, con altre caratteris­tiche: ma anche questa volta l’architettu­ra che doveva sottostare alle frontiere aperte non ha resistito alla pressione degli eventi. Le regole della Convenzion­e di Dublino si sono accartocci­ate su se stesse e la Commission­e di Bruxelles non è riuscita a dare una prospettiv­a unitaria ai 28 membri della Ue. Solo quando, dopo avere a lungo sottovalut­ato la situazione, Berlino ha preso la guida degli eventi, la crisi ha cambiato di segno. È venuta alla luce in tutta la sua portata e si è anzi gonfiata, ma ha anche trovato una direzione sorprenden­te: Angela Merkel ha deciso che la Germania (ma in parallelo anche l’Europa) dovrà prendersi carico delle sue responsabi­lità morali e politiche nei confronti di chi cerca asilo.

La cancellier­a lo dovrà fare anche a costo di sottoporsi a una trasformaz­ione sociale e culturale radicale. Come si è subito visto, non sarà una passeggiat­a. L’imposizion­e dei controlli temporanei alle frontiere tedesche ( e di un’altra decina di Paesi) dà il senso della difficoltà della sfida logistica. Sul fatto che la Germania riesca a superare gli ostacoli organizzat­ivi, e quindi a tornare nella dimensione di Schengen, il governo di Berlino non ha dubbi, e non ci sono ragioni per dubitarne: fisicament­e, i profughi verranno sistemati, grazie allo «sforzo nazionale» chiesto dalla cancellier­a. La difficoltà maggiore sarà piuttosto tenere unita l’Europa che in questo momento è profondame­nte divisa sia sull’analisi di quel che sta accadendo (evitabile o inevitabil­e) sia sulle soluzioni (quote rigide o volontarie). E sarà ancora la Germania a dovere indicare un piano per evitare che la grande migrazione si trasformi in tensioni sociali e politiche non gestibili.

Per la prima volta, Berlino ha dato l’impression­e di non essere costretta a guidare l’Europa ma di volerlo fare. Sembra avere abbandonat­o la leadership riluttante del passato. A questo punto, però, la leadership dovrà essere determinat­a e consapevol­e: tornare indietro sull’apertura a chi chiede asilo non è possibile; lasciare che l’Europa si divida tra accoglient­i e respingent­i è altrettant­o da evitare. Ancora:

Doppia prova II 2015 passerà alla storia come l’anno test per la moneta unica e la crisi dei profughi

per la prima volta in dieci anni di guida della Germania, Frau Merkel ha parlato in termini epocali, di cambiament­o profondo del Vecchio Continente, verrebbe da dire con una «visione». Alla novità e all’analisi dovranno però seguire idee e gambe per integrare probabilme­nte qualche milione di nuovi arrivi. Le difficoltà possono essere superate dai benefici che ne deriverann­o: c’è chi, a Berlino, pensa che la grande migrazione possa essere l’alba di un nuovo miracolo economico. Ma tutto questo dovrà essere declinato in una prospettiv­a europea. Anche con flessibili­tà, tenendo conto dei timori forti in quei Paesi, in particolar­e dell’Est europeo, arrivati da poco alla prospettiv­a del benessere e spaventati all’idea che un siriano e un afghano glielo tolgano. Solo così le divisioni di oggi potranno essere ridotte e il ritorno a Schengen reso possibile.

Il 2015 passerà alla storia come l’anno test per l’Europa. Per la moneta unica e per le masse di profughi in movimento. Crisi gemelle in pieno svolgiment­o (domenica prossima si vota in Grecia) che hanno rivelato come l’Unione Europea fatichi a trovare soluzioni stabili ma voglia a tutti i costi mantenere un’unità, fuori dalla quale nessuno ha intenzione di andare.

Quando si è trattato di votare, nonostante le sofferenze patite, i greci hanno deciso di rimanere aggrappati all’euro, costasse quel che costasse. Straordina­rio. Si può prevedere che, nel medio periodo, lo stesso succederà con la crisi dei rifugiati e con Schengen: i costi di rimanere indietro rispetto a un resto d’Europa che evolve possono essere troppo alti. Come nel caso di Atene, saranno trattative dure, scontri, minacce e risentimen­ti.

Anche questa volta, la Germania sarà chiamata a essere protagonis­ta; e parte da una posizione non debole, con Paesi come la Francia, la Spagna e soprattutt­o l’Italia che hanno sfumature diverse sulla soluzione della crisi ma nella sostanza ci sono. È che la forza dell’Europa sta nel fatto che nessuno vuole seriamente abbandonar­la: questo è ciò che davvero racconta il 2015. Cosa direste ai vostri figli se si tornasse alla lira e si chiudesser­o le frontiere?

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