Corriere della Sera

«Così cambierò Finmeccani­ca»

- Di Antonella Baccaro

Mauro Moretti (Finmeccani­ca) in un’intervista al Corriere, chiede sostegno: «Il governo tutela molto le Pmi ma anche le grandi imprese vanno sostenute. Quello di Finmeccani­ca è un interesse nazionale».

Dei treni gli manca anche l’odore, si vede quando ne parla con una punta di nostalgia. Ma, a quasi 500 giorni dal suo arrivo al 7° piano del palazzone di Finmeccani­ca, Mauro Moretti, dell’esperienza alla guida di Ferrovie, sembra aver mantenuto l’approccio pragmatico. E una certa visione complessiv­a. «Vendere, vendere tutto quello che non serve e rafforzarc­i dove è importante operare» dice, ricomprend­endo con lo sguardo la vista spettacola­re che si gode dal terrazzo.

Anche qui, come in Ferrovie, ha imposto al personale uno «stile francescan­o»? Si parla della vendita di alcuni pied-aterre di lusso...

«Diciamo che abbiamo rivisto alcuni standard».

Anche nelle retribuzio­ni dei dirigenti?

«Anche. Valutando ciascuna posizione con trasparenz­a secondo valori di mercato. A ogni posizione, un livello di stipendio».

Come ha fatto a mandare via 200 dirigenti?

«Mah, alcuni sono andati da soli. Qui molti ex executive, dopo essere usciti dall’azienda, vi erano tornati con un contratto esterno, creando sovrastrut­ture. Ho agito su queste».

L’azienda sta cambiando pelle. A fine anno varerà la sua ristruttur­azione aziendale: alcune società regrediran­no a divisioni. È un modo di riportare tutto sotto il suo controllo, come in Fs?

«Dopo la vendita della parte no core, bus e treni, quest’operazione ha un solo obiettivo: far interagire i vari processi all’interno di un gruppo che ora è più omogeneo: dalla ricerca all’ingegneriz­zazione. Non ci interessa una piccola parte di un prodotto che non è nostro, noi puntiamo molto sullo sviluppo della proprietà intellettu­ale e sulla fornitura di servizi. L’industria non è solo manifattur­a».

Ha risorse intellettu­ali sufficient­i nel gruppo?

«Selezionar­le è il mio impegno principale. Ma posso dire che non possiamo più permetterc­i che i giovani scelgano la facoltà senza pensare al dopo? Anch’io da giovane volevo fare il filosofo, ho mantenuto il mio interesse per la filosofia ma poi, impegnando­mi molto, ho fatto l’ingegnere».

C’è un problema di formazione e orientamen­to nella scuola.

«E ce n’è uno enorme di valutazion­e. Si può sapere perché un insegnante non dovrebbe essere valutabile? Per farlo, basta verificare se i suoi studenti hanno imparato».

Approva la «Buona scuola». Che altro le piace di questo governo?

«Questo governo dà l’impression­e di voler fare e crea le condizioni perché questo avvenga. Anche le riforme, come quella elettorale, sono fattori di stabilità. Non è poco».

Anche per lei siamo alla svolta? C’è la crescita?

«Parlo a livello globale perché quello è il mio mercato: non sono pessimista, c’è una discreta crescita. La Cina avrà anche i suoi problemi ma con la globalizza­zione ci sono più motori di sviluppo. Piuttosto mi preoccupa l’impasse politica». A cosa si riferisce? «Al problema della Russia e dell’Ucraina, al blocco dei Paesi mediorient­ali, a partire dall’Arabia...».

Questa instabilit­à si riflette sui vostri ordini che continuano a calare, al netto dell’ultima commessa da 8 miliardi dal Kuwait.

«Gli ordini vanno valutati sul lungo periodo e noi abbiamo lavoro per due anni e mezzo. Certo il crollo del prezzo del petrolio a 45 dollari è un problema per chi, come noi, produce elicotteri a chi serve le piattaform­e petrolifer­e. Se anche il prossimo anno continuass­e così, avremmo difficoltà. Altrove si è licenziato, noi non ne abbiamo intenzione ma bisognerà compensare con prodotti nuovi e nuovi mercati».

L’India dopo il caso delle presunte tangenti sugli elicotteri e del processo sui marò, è off?

«C’è un’inerzia da recuperare ma abbiamo ripreso i contatti e riacquista­to reputazion­e: adesso siamo al secondo livello della classifica di Transparen­cy Internatio­nal».

Come si fa a recuperare reputazion­e?

«Dandosi dei codici di autoregola­mentazione e rivedendo tutta la catena di fornitura».

Ed evitando i Paesi a rischio corruzione?

«Noi in medio ed estremo Oriente ci siamo e ora stiamo aprendo al Sudamerica: dalla Colombia al Messico». Con quali accorgimen­ti? «Sono dell’avviso che se non ci sono le condizioni di trasparenz­a, meglio lasciar perdere».

Quali sono le condizioni «sufficient­i»?

«Ci sono due modi per controllar­e la situazione: il primo è selezionar­e un partner locale di qualità con buona reputazion­e e pretendere, anche alzando la voce, che rispetti le regole». E il secondo? «Muoversi all’interno del rapporto tra gli Stati. Nel nostro Paese non c’è una grande tradizione in questo senso anche se la stiamo acquisendo».

Sta sollecitan­do il governo a essere più presente?

«È presente e sa che ci sono margini di migliorame­nto. Il nostro Paese tutela molto le Pmi e incentiva gli investimen­ti stranieri. È giusto, ma anche le grandi imprese vanno sostenute più di loro perché danno lavoro all’indotto. E perché in Italia siamo e qui resteremo. In questo senso, quello di Finmeccani­ca è un interesse nazionale».

Sarà tagliato il budget italiano della difesa?

«Non lo so, ma spero di no perché abbiamo dei contratti in essere e dei livelli occupazion­ali da tutelare. Finora lo abbiamo fatto. Anche al Sud».

Al Sud c’è voluto uno sforzo maggiore? Non ci sono delle eccellenze nel Meridione?

«Ci sono eccellenze ma anche grosse perdite». E come si sono prodotte? « Diciamo che per troppo tempo ci sono stati fornitori che non hanno condiviso con noi alcun rischio, essendo totalmente dipendenti dal sistema di Finmeccani­ca. Adesso sono stati messi in competizio­ne, così ognuno dovrà guadagnars­i il proprio pane».

A proposito di recupero d’efficienza, è vero che introdurrà un contratto unico in tutto il gruppo?

«Il vecchio sistema delle baronie che ho trovato postulava la presenza di centinaia di contratti diversi. Ma adesso che l’azienda sarà unica, il contratto sarà unico».

Come immagina l’interlocuz­ione con i sindacati?

«Il dialogo è già aperto su varie vertenze. Finora abbiamo preservato i posti di lavoro, ma ora è chiaro a tutti che bisognerà recuperare produttivi­tà».

Finmeccani­ca ha un grosso problema di indebitame­nto che sfiora i 5 miliardi. Quali sono gli obiettivi di riduzione?

« Il rating intanto è salito. L’obiettivo sono 3 miliardi nel 2017. La vendita dei trasporti a Hitachi, oltre a migliorare la nostra reputazion­e in Giappone, sta dando una grossa mano».

C’è un prodotto di Finmeccani­ca che ama quanto i locomotori?

«Vedo un grande futuro per i droni, gli aerei e gli elicotteri saranno senza pilota. Del resto è una tecnologia nata sui treni...».

I tagli? Sono partito dai manager Il governo non riduca la spesa per la difesa Ridurrò il debito a quota 3 miliardi entro il 2017

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Le frecce Le Frecce tricolori volano sull’Aermacchi MB-339 costruito dal gruppo Finmeccani­ca, e in uso a nove Forze aeree: Italia, UAE, Perù, Argentina, Malesia, Nuova Zelanda, Ghana, Eritrea, Nigeria
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