Finocchiaro ostenta fiducia: il garbuglio è ingarbugliato ma io applico solo i regolamenti
ROMA Anna Finocchiaro, fasciata in una stola di seta rosso corallo, lascia la Commissione affari costituzionali con le opposizioni in rivolta e si infila in ascensore: «Tutti mi chiedono se sono contrariata, ma in realtà no... Direi che sono concentrata». Presidente, l’intesa è saltata? «È vero, il garbuglio è ingarbugliato, ma io resto fiduciosa». È il primo pomeriggio e il cielo su Palazzo Madama ha visto giornate più serene. Lo scontro nel Pd ha raggiunto livelli da allarme rosso e la tensione è fortissima anche tra il partito di Renzi e il presidente del Senato, spiazzato dall’accelerazione. Ma la Finocchiaro, raggiunta la buvette, ostenta un sorriso rassicurante: «Grasso? Guardi che io non ho scatenato la terza guerra mondiale, ho solo applicato il regolamento del Senato». Il riferimento è all’articolo 104, dove è scritto che, davanti a un ddl approvato dal Senato ed emendato dalla Camera, Palazzo Madama può discutere e deliberare solo «sulle modificazioni apportate dalla Camera». Insomma, la presidente è convinta che, senza un accordo politico, lei non poteva fare diversamente.
Anche se la metafora è forte, quel che la Finocchiaro ha scatenato all’interno del Pd (e anche fuori) è un po’ la terza guerra mondiale, che sarà combattuta nell’Aula del Senato a colpi di emendamenti, voti segreti e scouting tra i senatori delle opposizioni. Ma guai a sospettare che abbia fatto forzature per favorire il governo. Come ha detto in Commissione, nell’assumere «una decisione così importante ho agito in esercizio di autonoma responsabilità, consapevole dei miei doveri istituzionali».
Perché ha deciso di considerare inammissibili i 2.800 emendamenti all’articolo 2, tranne il comma 5 modificato dalla Camera? «Niente di nuovo — risponde —. La decisione era annunciata, lo avevo già detto prima della pausa estiva». Vero, ma allora aveva aggiunto che la scelta sarebbe stata fatta «in accordo con il presidente del Senato», il quale non ha certo dimenticato l’impegno assunto dall’autorevole collega. Lei invece, a quanto raccontano i collaboratori della seconda carica dello Stato, avrebbe persino «dimenticato» di informare la presidenza del blitz contro le opposizioni.
Ieri pomeriggio, al culmine del braccio di ferro tra inquilino di Palazzo Madama e capo del governo, il Pd ha lasciato trapelare che la decisione era ormai presa, la riforma sarebbe piombata in Aula saltando la Commissione. Una scelta che la Finocchiaro ha condiviso durante il vertice di Palazzo Chigi, quando Renzi, presenti anche Boschi e Zanda, ha messo a fuoco la tattica per «interrompere la melina delle opposizioni » , determinate secondo i renziani a far saltare l’obiettivo del 15 ottobre. Da qui l’azzardo del premier di «partire in contropiede», una mossa che la espropria del prestigioso ruolo di relatore. «Per la Finocchiaro è una sconfitta», malignano i dissidenti Pd. Ma l’inossidabile Anna non sembra soffrire troppo per una accelerazione che le toglie, copyright Gotor, «il ruolo di regina».
La decisione La presidente della Commissione: «Io non ho scatenato la terza guerra mondiale»