Il timone MontePaschi a Tononi La cessione dei crediti a rischio
Il Tesoro si astiene sul voto. Viola: non c’è piano B alla via indicata dalla Bce
L’insediamento ufficiale avverrà il 22 settembre, alla prima riunione programmata del consiglio di amministrazione della banca senese. La nomina di Massimo Tononi alla presidenza del Monte dei Paschi di Siena è stata però decisa ieri dall’Assemblea dell’Istituto, con voto quasi unanime dei soci e l’astensione del Tesoro. Tononi, che sostituisce Alessandro Profumo, arriva alla guida della banca di Rocca Salimbeni nel momento del consolidamento delle strategie, dopo il periodo nero e difficile degli scandali e della crisi.
Cinquantuno anni, trentino, Tononi assume l’incarico - dopo aver lasciato la presidenza della Borsa italiana - con un brillante curriculum politicofinanziario che segnala gli inizi, dopo la laurea alla Bocconi, alla Godman Sachs, ma anche un passaggio significativo nel governo. Fu infatti chiamato da Romano Prodi, di cui era stato assistente all’Iri, a ricoprire l’incarico di sottosegretario al Tesoro durante la seconda esperienza del Professore a Palazzo Chigi. Con l’allora ministro Tommaso PadoaSchioppa, si era occupato, in particolare, di debito pubblico e di partecipazioni.
Al vertice del Monte dei Paschi, l’economista e manager trentino, affiancherà l’amministratore delegato Fabrizio Viola nella ricerca della soluzione finale del progetto di risanamento dei conti, così da uscire dalla fase di osservazione da parte della vigilanza della Bce.
Entro la fine dell’anno, ha detto ieri Viola in assemblea, i controllori di Francoforte dovrebbero indicare il giudizio definitivo sul progetto di rafforzamento di capitale richiesto dalla stessa Banca centrale europea dopo le valutazioni sul bilancio e gli stress test dello scorso anno. La banca di Rocca Salimbeni, che ha comunque già ritrovato la strada degli utili, guarda dunque alle prossime mosse che riguardano in particolare l’accelerazione del processo di alleggerimento delle sofferenze e più in generale dei crediti deteriorati, pari a 46 miliardi lordi (23 netti), e l’individuazione di un partner bancario con cui allearsi, secondo le indicazioni, ancora, della Bce.
Quanto al primo punto Viola ha confermato che è in corso di valutazione la possibilità di aumentare la quota dei crediti difficili da mettere sul mercato, rispetto ai 5 miliardi previsti. Il manager non ha confermato la cifra, ma dovrebbe trattarsi di 1,8 miliardi di sofferenze in più da cedere. «Ovviamente se ci sono le condizioni anticiperemo questo percorso, e qui siamo d’accordo con la Bce: il problema principale che Mps deve risolvere è quello dell’entità dei crediti in sofferenza» ha detto.
Sulle possibili alleanze, non è stata ancora individuato il partner adatto. Ma, ha spiegato Viola, le strategie per ora non cambiano. La ricerca continua. «Non c’è un piano B tenuto nel cassetto, bisogna continuare a lavorare sul piano industriale e sulle opzioni strategiche. Quando ci sarà un’opzione concreta faremo ciò che dobbiamo», ha detto.
«Oggi è difficile dire se c’è prospettiva stand alone. La Bce è stata chiara nell’indicarci la strada, non trovo motivi per contestare o non essere d’accordo su questa linea», ha aggiunto Viola specificando però che nel frattempo, la banca «non è ferma, cammina. Anzi,
Sofferenze Le sofferenze a circa 46 miliardi lordi. Le ipotesi sull’aumento di capitale
cammineremo ancora più veloci per farci trovare nelle migliori condizioni nel caso di un’ eventuale aggregazione»
C’è, infine, ancora da chiudere con Banca Nomura la vicenda del derivato Alexandria che ha dato inizio alla tempesta sull’istituto senese. Mps ha chiesto ai giapponesi circa un miliardo. «Le distanze restano, ma noi continuiamo a dialogare» ha ricordato l’amministratore delegato.