Corriere della Sera

Verona capitale dei giochi di strada

- Di Severino Colombo

uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare» diceva George Bernard Shaw. Se le cose stanno così «Tocatì», festival internazio­nale dei giochi di strada, a Verona da domani a domenica (www.tocati.it) è l’occasione per ringiovani­re. La rassegna, gratuita, nata nel 2003 e organizzat­a dall’Associazio­ne giochi antichi (Aga) con il Comune propone quaranta giochi tradiziona­li, compresi gli spettacola­ri Castells, torri umane catalane alte fino a 15 metri. Tra gli ospiti di «Tocatì» (nome che rimanda alla formula dialettale per dire «tocca a te»): lo scrittore Andrea Vitali, il narratore Giuliano Scabia e Jodi

Il volume

Il volume (Ediciclo, pp. 190, è a cura dell’Associazio ne giochi antichi. Verrà presentato il 20 a Verona

18) seph Joffo, autore francese del bestseller Un sacchetto di biglie di cui viene proposta una versione teatrale.

Cuore della manifestaz­ione è il cortile Mercato vecchio che ospita il Forum Internazio­nale della Cultura Ludica dove domenica, alle 12, viene presentato Giochi tradiziona­li d’Italia. Viaggio nel Paese che gioca, a cura dell’Aga; intervengo­no Paolo Avigo, presidente dell’associazio­ne, l’antropolog­o Vincenzo Padiglione e i rappresent­anti di alcune delle 34 comunità di gioco censite nel libro. Come quella nata attorno alla «Borella», gioco di Casale sul Sile, in Veneto, lontano parente del bowling: con una grossa boccia in legno di acero di mezzo chilo si colpiscono tre birilli messi uno dietro l’altro; la comunità della «Capanna», gioco toscano praticato nelle osterie di Santa Fiora (Grosseto) e che prevede il lancio di un panforte su un tavolo (vince chi più si avvicina al bordo); o quella legata alla corsa con la «cannata», tipica di Arpino (Frosinone): una gara per sole donne che si sfidano con un recipiente di terracotta in testa.

Che il gioco sia una materia fondamenta­le nello sviluppo della socialità (e della società) lo hanno dimostrano gli studi di Johan Huizinga ( Homo Ludens) e Roger Callois ( I giochi e gli uomini); il fatto che nel 2003 il gioco sia stato riconosciu­to dall’Unesco come patrimonio immaterial­e è lì a ricordarlo. La pratica ludica dimostra che giocando si creano rapporti e si conservano conoscenze e esperienze. Il gioco tiene viva la comunità. Forse dopotutto George Bernard Shaw aveva ragione.

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