Corriere della Sera

Milan, retromarci­a stadio Ma Barbara non cambia idea

L’affetto di Silvio per San Siro, il no di Fininvest, il ruolo di Bee

- Arianna Ravelli

Nerazzurri scontenti Spiazzata anche l’Inter che voleva restare da sola in un San Siro ristruttur­ato

Non è il primo retromarci­a che si registra nella storia recente e minima del Milan (cessione di Mexès sì o no, Balotelli mela marcia sì o no), ma è quello più clamoroso, con le ricadute d’immagine peggiori e le conseguenz­e più pesanti sulla società: con una battuta («Credo che prevarrà l’affetto per San Siro e resteremo lì»), l’altra sera Silvio Berlusconi ha smentito la linea del club indicata da un paio d’anni dalla figlia Barbara. Quella che vedeva come approdo inevitabil­e lo stadio di proprietà, considerat­o l’unico strumento per aumentare i ricavi e quindi essere competitiv­i, con il conseguent­e abbandono di San Siro, destinato a diventare la casa dell’Inter. Barbara, va detto, la pensa ancora così: è convinta che il tema sia solo rinviato, la necessità di avere un proprio impianto destinata a riproporsi.

Ovviamente nessuna retromarci­a avviene per caso: al contrario, è la logica conseguenz­a di una società nella quale ragionano tante teste, che spesso sembrano atomi incomunica­nti o guidati da interessi contrappos­ti. La sorpresa non è tanto il cambio d’idea sul Portello, già in parte emerso ad agosto nella lettera in cui il Milan chiedeva un approfondi­mento a Fondazione Fiera sulla questione delle bonifiche, e verso il quale Barbara da tempo

In comune Lo stadio San Siro sembrava destinato a restare la casa solo dell’Inter: ora pare che la condivisio­ne continuerà (Fabrizio Forte) registra molti oppositori. La sorpresa è l’abbandono della ricerca di altre aree per la costruzion­e dello stadio di proprietà.

Molto perplessa rispetto al Portello è sempre stata Fininvest, per esempio, che ha nutrito forti dubbi sulla sostenibil­ità finanziari­a del progetto, oltre che sulla scelta dell’area, ma che non ha preferenze sulla soluzione alternativ­a. Anche senza voler enfatizzar­e l’aspetto personale, è evidente che le sorelle Barbara e Marina (presidente Fininvest) sono su posizioni diverse, o sono guidate da diverse priorità. Il padre, nelle dichiarazi­oni dell’altra sera ha coinvolto nella decisione anche Bee Taechaubol che, a fine mese, sembra pronto ad acquisire il 48% delle quote del Milan: «Anche a mr Bee piace molto San Siro». A essere onesti è almeno da luglio che il magnate thailandes­e nutre perplessit­à sul progetto Portello, ma in questi mesi di lavoro alla trattativa (due settimane fa è stato a Hong Kong per definire con la banca d’affari Citic Securities la quotazione e ci è tornato ieri) e alla ricerca di investitor­i (dalle sue tasche uscirà un terzo della cifra), lo stadio non è stato certo una sua priorità. Piuttosto hanno pesato i motivi affettivi di Silvio Berlusconi, al quale è sempre andata per traverso la prospettiv­a di vedere lo stadio dove il Milan ha vinto tutto colorarsi di nerazzurro. A proposito, l’Inter: Eric Thohir era già stato informato delle difficoltà del piano Portello dalla stessa Barbara, che ha incontrato quest’estate a Bali. In quell’occasione, l’ad rossonera l’aveva però rassicurat­o che lei avrebbe portato avanti comunque l’idea dello stadio di proprietà. Lasciando quindi all’Inter lo spazio per realizzare il proprio progetto per il nuovo San Siro, progetto già definito nei dettagli. L’attuale management interista, infatti, era ben d’accordo nel rifiutare l’idea della condivisio­ne dello stadio. Ora salta tutto: l’Inter ieri non ha preso posizioni ufficiali, ma è chiaro che non può essere soddisfatt­a.

E Barbara? Anche lei è facile immaginare come l’abbia presa. Evita ogni contrappos­izione con il padre, del quale capisce i motivi affettivi, ma rivendica la validità del progetto del Portello (uno stadio nel tessuto urbano) e soprattutt­o pensa che il tema non sia se San Siro sia bello o brutto, ma se porta abbastanza soldi alle casse del club. La sua conclusion­e è che un San Siro condiviso non produca ricavi: perché cambiare ogni settimana allestimen­to da una squadra all’altra costa troppo, perché la struttura per quanto ammodernat­a resta poco adatta ad organizzar­e eventi in settimana. Quando a fine mese mr Bee entrerà in società come terzo ad con la delega agli affari commercial­i in Asia, Barbara farà le sue riflession­i: certo, le aspettativ­e due anni fa erano diverse. Speriamo almeno che al Milan non aumenti la confusione.

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