Corriere della Sera

«Sul Senato non ci sono rischi»

Boschi: abbiamo i voti, con la riforma più flessibili­tà dalla Ue. Grasso? Regole chiare

- Di Monica Guerzoni Ducci , Galluzzo, Trocino, Zapperi

Le riforme costituzio­nali arrivano oggi in Aula a Palazzo Madama. La ministra per le Riforme, Maria Elena Boschi, non è «preoccupat­a per i numeri»: governo e maggioranz­a non corrono rischi. In un’intervista al Corriere, Boschi precisa che, varando la riforma, l’Europa, in cambio, ci riconoscer­à «spazi finanziari di flessibili­tà». Per l’opposizion­e, la decisione di iniziare l’esame del disegno di legge in Aula è una «forzatura inaccettab­ile». Renzi sfida i dissidenti del Pd e convoca la Direzione del partito per lunedì. Alla Camera, il ministro Padoan ha annunciato che dal 2016 anche gli inquilini non pagheranno la Tasi.

«Io non sono per nulla in ansia, non sono preoccupat­a per i numeri». Avete giocato d’azzardo, ministro Boschi. Ha vinto Renzi o il governo rischia?

«Oggi ha vinto l’Italia e non c’è nessun rischio. Se avessimo avuto paura avremmo cercato di fare melina, invece di chiedere una accelerazi­one sui tempi per andare direttamen­te in aula. Il gioco d’azzardo non ci piace, mantenere l’impegno con i cittadini sì».

Per le opposizion­i fermare i lavori in commission­e è una forzatura inaccettab­ile.

«Si era creata in commission­e una fase di impasse. Calderoli, con i suoi 500 mila emendament­i, ha fatto spendere un sacco di soldi al Senato e poi, dieci minuti prima della capigruppo, li ha ritirati, tanto per dare il senso di quanto fossero importanti. E comunque ne restavano 3.150».

Perché tanta fretta di andare in aula senza un accordo?

«Abbiamo l’esigenza di rispettare la data del 15 ottobre, perché poi dobbiamo presentare la legge di Stabilità. L’Europa ci riconosce spazi finanziari di flessibili­tà se in cambio facciamo le riforme. La sola clausola delle riforme vale qualcosa come otto miliardi da spendere. E poi quale fretta? Sono 70 anni che stiamo aspettando la fine del bicamerali­smo paritario».

Siete corsi in aula perché il commission­e la maggioranz­a non aveva i numeri?

«Ma certo che c’erano. Il piano andava spostato all’Aula perché il confronto politico era bloccato. Tutte le volte ci dite che non abbiamo i numeri, però alla fine le riforme passano sempre».

La vostra accelerazi­one fa diminuire o aumentare i dissidenti? Per Calderoli non avete i numeri.

«Il voto sul calendario vede uno scarto di oltre 70 senatori. Calderoli è un fantasista, ma la realtà è più forte di lui».

Se Grasso riterrà ammissibil­i gli emendament­i all’articolo 2 e la riforma ne uscirà stravolta, ritirerete il ddl o manderete tutti a casa?

«Vedremo cosa deciderà Grasso nella sua autonomia, la Finocchiar­o ci ha già dato l’interpreta­zione secondo la quale non si può rimettere in discussion­e la doppia lettura conforme. Ma la riforma non sarà stravolta».

Vuole dire che la seconda carica dello Stato non potrà che seguire le orme della presidente della commission­e?

«Voglio dire che se Camera e Senato hanno già votato un testo, nessuno può rimetterlo in discussion­e. È la tesi della Finocchiar­o, dei costituzio­nalisti, delle consuetudi­ni. È un principio che vale da sempre. Se lo superi vale per tutti gli altri articoli e vorrebbe dire riaprire tutto il provvedime­nto».

Per questo avete forzato, fino allo scontro istituzion­ale con il presidente del Senato?

«Ma quale scontro? Stiamo solo dicendo che in Aula si voti, dopo anni di immobilism­o si fanno le cose e i risultati si vedono. Noi abbiamo chiesto e ottenuto che i senatori potessero esprimersi, cioè fare il loro dovere: votare. Nessuno, tantomeno il governo, ha messo in discussion­e che il presidente convochi la capigruppo. Come sempre la maggioranz­a l’ha chiesto e lui l’ha convocata».

Dopo una nota in cui rivendicav­a le sue prerogativ­e.

«Il governo non le ha mai messe in discussion­e».

Il presidente ha fatto filtrare un certo fastidio per le pressioni del governo.

«Se il presidente del Senato ha qualcosa da dire lo dice. Non lo fa filtrare. Questa è la Costituzio­ne, non una fiction».

Il cerino è nelle mani di Grasso. La vita del governo dipende dal presidente?

«Macché. La vita del governo dipende dal Parlamento, ogni giorno. Grasso in mano non ha nessun cerino, ma solo la Costituzio­ne e il regolament­o del Senato. Ha detto che ci farà sapere solo in Aula. Bene, adesso siamo in Aula, lo aspettiamo».

Se apre le danze sull’elettività sconfessan­do la Finocchiar­o, lei dovrà dimettersi?

«La Finocchiar­o dimettersi? Ma sta scherzando? Si fa fatica a trovare un senatore stimato quanto Anna. Per favore, sono normali dialettich­e parlamenta­ri, non è una sfida all’ultimo sangue». La riforma è blindata? «Si lavora per trovare un accordo. Senza chiusure. Andare in Aula non vuol dire che si interrompo­no confronti e incontri, ci sono tutti i margini. Anche se avessimo finito i lavori in commission­e d’amore e

L’Europa ci riconosce spazi finanziari di flessibili­tà in cambio delle riforme Farle vale 8 miliardi da spendere

d’accordo, Calderoli aveva annunciato sei milioni e mezzo di emendament­i per l’aula... Meglio affrontarl­o subito».

È vero che, se la situazione precipita, avete pronto un nuovo ddl che abolisce il Senato con un solo articolo?

«No. Ma se si apre il principio della doppia conforme è chiaro che tutto può essere messo in discussion­e, compreso quello. Ma non vivo l’ansia, la drammatizz­azione la fanno gli altri. Cerco di dare una mano per trovare l’intesa. Come sempre in passato, la maggioranz­a c’è, si è visto sul calendario. Mi piacerebbe che ci fosse anche il Pd tutto unito e spero in una soluzione che tenga tutti assieme, magari con un pezzo delle opposizion­i».

Tutti i voti sono buoni, anche quelli di Verdini, Tosi e Berlusconi?

«Sì. Se chi le ha votate le rivotasse, la riforma avrebbe più valore. La nostra prima esigenza è rispettare i tempi. Vogliamo chiudere prima possibile per lasciare l’ultima parola ai cittadini con il referendum».

Perché non provate a portarla a casa con la vostra sinistra, invece che con i voti sparsi della destra?

«Come lei sa, la sinistra da sola in Senato non basta. Cercheremo di coinvolger­e la minoranza pd, ma è molto importante coinvolger­e soprattutt­o la maggioranz­a degli italiani. E a loro io dico che non molliamo perché, se non fossimo stati

Si era creata un’impasse in commission­e Calderoli ha fatto migliaia di emendament­i per poi ritirarli

determinat­i su mercato del lavoro, pubblica amministra­zione, scuola, oggi non avremmo tanti posti di lavoro in più, il Pil che cresce e i consumi che aumentano. L’Italia ha svoltato grazie alle riforme, non ci fermeremo adesso».

Eppure, Bersani capirebbe chi votasse no.

«È legittimo. Rispetto al testo iniziale del governo abbiamo apportato 134 modifiche, tutto si può dire tranne che non siamo stati disponibil­i. Noi ci siamo confrontat­i tanto anche dentro al Pd, lunedì in direzione affrontere­mo anche il tema delle riforme. Dall’inizio del mandato di Renzi abbiamo fatto 25 direzioni contro le 9 della segreteria Bersani. Però a un certo punto bisogna decidere, non può esserci sempre un rilancio».

I dissidenti la voteranno o il loro no sarà l’anticamera della scissione?

«Qualcuno la voterà, spero tutti. Ma sono certa che non ci sarà scissione».

Qualcuno pensa che l’elettività si possa introdurre nel comma 5. E lei?

«Questa soluzione risolvereb­be il tema della doppia conforme. Perché no? Ma sono tecnicalit­à. Il problema non è il comma 5, ma cosa fa il Senato. Alla Camera abbiamo dovuto modificare in parte le funzioni del Senato perché chiesto da una parte della minoranza e lo abbiamo fatto perché rientrava nella mediazione. Ora la stessa parte del Pd ci chiede di cambiare le funzioni... L’importante è che si mettano d’accordo tra minoranza della Camera e minoranza del Senato. Questo ping pong non è serio per i cittadini, non possiamo tenerli inchiodati altri 18 mesi perché i parlamenta­ri della minoranza non si fanno una telefonata».

Ministro, si è scritto che tra i suoi sogni ci sia anche quello di fare il premier...

«Faccio sogni molto più belli, mi creda. Il premier è Renzi. Sicurament­e fino al 2018, io spero anche fino al 2023. Se vuole ne riparliamo allora, ma chissà dove saremo».

L’aiuto di Verdini? Se chi l’ha votata la rivotasse la riforma avrebbe più valore La sinistra da sola non basta Faccio sogni molto più belli di quello di diventare premier Magari ne riparliamo dopo il 2023

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(BenvegnùGu­aitoli) In Aula Il ministro alle Riforme e ai Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, 34 anni, con il presidente del Consiglio e segretario del Partito democratic­o Matteo Renzi, 40 anni, alla Camera

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