Corriere della Sera

L’Ungheria usa la forza: lacrimogen­i sui migranti

Polizia anti-sommossa per fermare migliaia di persone al confine con la Serbia, 500 arresti in due giorni A decine passano oltre il filo spinato, molti deviano verso la Croazia rischiando di finire sulle mine inesplose

- Di Maria Serena Natale Breda

Alta tensione al confine tra Serbia e Ungheria: scontri tra profughi e polizia (foto) al valico di Roszke-Horgos che Budapest ha «sospeso» per 30 giorni. La Croazia: «Li faremo passare noi». Mattarella: «Si impegni tutta la Ue, serve un piano complessiv­o».

Un solo grido, «Aprite». Oltre la barricata caschi e scudi, idranti, spray urticanti, lacrimogen­i. La polizia ungherese applica le nuove regole e si schiera in assetto anti-sommossa per fermare le migliaia di profughi che arrivano dalla Serbia. «Sono aggressivi, armati di bastoni» dice il governo Orbán che invia i mezzi blindati e le unità speciali antiterror­ismo. I migranti premono contro la barriera, si coprono il viso con maglie e fazzoletti per proteggers­i dal fumo, lanciano bottiglie, pietre, pezzi di cibo e di cemento. Ore lunghe di nervi e mani tese sotto il sole, alla fine passano a decine. Ungheria-Europa, «Yalla», andiamo.

Seconda giornata di stato d’allerta, primi scontri, una ventina di agenti e trecento profughi feriti, bambini terrorizza­ti e con gli occhi rossi, padri insanguina­ti. L’Agenzia Onu per i rifugiati riporta casi di bimbi separati dai genitori. Finito il muro di filo spinato, il passaggio frontalier­o di Roszke-Horgos resterà chiuso per un mese.

Con la sera, a pochi metri dal confine arrivano tre jeep con le mitragliat­rici in vista. Budapest accusa Belgrado di non far nulla per sedare i sovversivi, comincia i sopralluog­hi per la barriera con la Romania e ne annuncia un’altra al confine con la Croazia. Belgrado accusa Budapest di uso sproporzio­nato della forza e si arrangia mandando alla frontiera bagni chimici, rubinetti e il ministro delle Politiche sociali Vulin per parlare con i più arrabbiati.

Il commissari­o dell’Unione Europea Dimitris Avramopoul­os ricorda che la violenza è incompatib­ile con i valori europei, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon si dice «scioccato». E il bollettino di guerra si allunga.

In due giorni oltre 500 arresti, una quarantina i procedimen­ti aperti. I primi quattro giudicati per direttissi­ma vengono dall’Iraq delle bombe quotidiane e delle forze di sicurezza in rotta di fronte all’avanzata dei tagliagole dell’Isis: sono accusati di essere entrati illegalmen­te in Ungheria danneggian­do la barriera, uno è già stato condannato all’espulsione verso la Serbia definita per legge «Paese sicuro».

Così c’è chi s’incammina verso la Croazia, dove il codice Schengen per la libera circolazio­ne delle persone non è ancora entrato in vigore. Passeranno comunque. Il premier socialdemo­cratico Zoran Milanovic lo dice in Parlamento: «Siamo pronti ad accettarli e farli procedere verso la loro meta. Nessuno li fermerà». Solidariet­à di passaggio. A novembre si vota, meglio per tutti che il fiume prosegua per la Slovenia e l’Austria, la Germania, i Paesi della Scandinavi­a.

In centinaia riprendono il viaggio a piedi e in autobus verso l’Ovest del nuovo confine tra la serba Sid e la croata Tovarnik. Balcani di guerra e altre ondate, quelle dei profughi degli anni Novanta che trovarono accoglienz­a a Nord. Balcani di ferite e mine sottopelle. Sarebbero oltre cinquantam­ila quelle mai esplose nelle regioni orientali. Il governo ha organizzat­o squadre di sminatori e messo a disposizio­ne dei migranti mappe per evitare le aree pericolose tra i boschi e i campi di grano.

In serata le autorità di Zagabria avevano registrato circa un migliaio di ingressi. Continuano ad arrivare lungo la via balcanica, dalla Turchia che conta due milioni di rifugiati siriani, passando per la Grecia.

Ieri Angela Merkel ha parlato della crisi con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il sostegno ad Ankara dovrebbe essere tra i principali temi del Consiglio straordina­rio dei leader Ue chiesto dalla cancellier­a tedesca. La risposta di Bruxelles è attesa per oggi.

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 ??  ?? Tensione Un momento degli scontri di ieri: i profughi hanno tentato di sfondare il blocco di polizia al confine serbounghe­rese
Tensione Un momento degli scontri di ieri: i profughi hanno tentato di sfondare il blocco di polizia al confine serbounghe­rese

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