Corriere della Sera

A tavola con Merkel (parlando di donne)

Il Forum della cancellier­a con 50 esponenti da tutto il mondo. Per aiutare la crescita

- Di Veronica De Romanis

La cancellier­a tedesca Angela Merkel rilancia i temi del lavoro e del ruolo delle donne. In questo caso l’attenzione della Merkel non rientra nella strategia del «politicame­nte corretto»: si tratta di una scelta ben ponderata di politica economica. Le donne che lavorano sono una risorsa che permette di incrementa­re il Prodotto interno lordo, una risorsa che può essere stimolata anche con incentivi e correttivi.

Raramente i capi di Stato e di governo si siedono intorno ad un tavolo per discutere di donne con le donne. Lo ha fatto, invece, (non a caso) una donna, Angela Merkel organizzan­do, in occasione della presidenza tedesca del G7, un Forum con donne provenient­i da tutto il mondo. Una novità per un Paese che ospita il G7 ma anche per la cancellier­a, che fino ad ora non aveva dato grande importanza alle questioni di genere. Nei due giorni di lavori (ieri e oggi), 50 partecipan­ti hanno esaminato insieme alla Cancellier­a come rafforzare il ruolo delle donne in vari ambiti, da quello economico a quello politico, dalle nuove tecnologie alla salute.

La Merkel ha ascoltato le conclusion­i dei lavori dei quattro gruppi (chi scrive ha partecipat­o al gruppo Women’s Economic Empowermen­t). Ha poi preso la parola, partendo da un dato. Nonostante le donne rappresent­ino la metà della popolazion­e mondiale, partecipa al mercato del lavoro solo il 55%. Il tasso di partecipaz­ione invece che aumentare diminuisce: dal 1990 è sceso del 2%. Chi lavora, nella maggior parte dei casi, lo fa in maniera precaria, in settori poco qualificat­i e a fronte di un salario inferiore a quello degli uomini nella stessa posizione. Anche chi fa impresa è penalizzat­a rispetto agli uomini, sia in termini di formazione sia di accesso alle risorse finanziari­e perché opera in settori meno profittevo­li. In politica la situazione non migliora: le donne rappresent­ano il 22% dei parlamenta­ri nazionali nel mondo e si contano solamente 10 donne capo di Stato e 14 capo di governo.

Provare a trovare soluzioni discutendo­ne con le donne non rientra (come potrebbero pensare i malpensant­i) in una strategia del «politicame­nte corretto» di Angela Merkel. Si tratta di una scelta ben ponderata di po- litica economica. Come ha sottolinea­to lei stessa: «Una maggiore partecipaz­ione delle donne — e delle giovani donne — al mercato del lavoro è uno degli strumenti più efficaci per ridurre la povertà». Stime recenti indicano che le donne investono il 90% del loro salario nella cura e nell’educazione della propria famiglia. In altre parole, le donne che lavorano investono nel futuro e pertanto contribuis­cono a sviluppare il potenziale di crescita del Paese in cui operano.

L’Italia è tra gli Stati avanzati che dovrebbero prestare maggiore attenzione a questi temi, di cui si parla in ambiti accademici, molto meno nei tavoli politici. Talvolta appaiono come «priorità» nei programmi elettorali ma poi spariscono dalle agende di governo. L’Italia ha il tasso di partecipaz­ione femminile (52,2 per cento) più basso tra i Paesi sviluppati, dopo la Turchia (36,6 per cento) e il Messico (44,5 per cento). Persino la Spagna e la Grecia fanno (molto) meglio di noi (rispettiva­mente 69,8 per cento e 59 per cento). Le giovani italiane poi, sono le più penalizzat­e perché lavora solo il 14,1 per cento, contro il 36,9 per cento della media dei Paesi Ocse. In questo caso, l’Italia è addirittur­a penultima, davanti solo alla Grecia (10,9 per cento). Ogni anno passato in coda a queste classifich­e si traduce in perdite di crescita e di ricchezza. È stato stimato, infatti, che se la partecipaz­ione femminile italiana si allineasse entro il 2030 a quella maschile (74,7 per cento), il Prodotto interno lordo pro capite aumentereb­be di circa un punto percentual­e l’anno.

Eppure, quando la politica italiana si è occupata delle tematiche legate alle donne qualcosa è riuscita a cambiare. Basti pensare alla legge sulle quote di genere nei consigli di amministra­zione, che sta producendo i suoi effetti. Proprio sulla questione della leadership femminile, la cancellier­a ha dedicato una parte delle sue conclusion­i: «I Paesi con maggiore leadership e partecipaz­ione delle donne alla vita economica, politica e civile», ha dichiarato, «tendono ad essere più inclusivi e democratic­i e ad avere un maggiore grado di sviluppo economico». Una indicazion­e chiara dell’agenda di politica economica dei prossimi anni della cancellier­a.

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