Corriere della Sera

Isis, Putin cerca l’asse con Obama

Una coalizione ampia e «alternativ­a» con un ruolo per Assad. Il leader russo pronto a parlarne all’Onu

- di Massimo Gaggi e Paolo Valentino

La sfida dello zar è ambiziosa: creare una coalizione anti Isis ampia e «alternativ­a», che includa il presidente siriano Bashar. Putin è pronto a parlarne all’Onu e offrire l’alleanza agli Usa. Il dubbio di Obama è se continuare a ignorare il presidente russo. Il Cremlino si è mosso anche dopo gli allarmi degli 007: «Tra gli 800 e i 1.500 cittadini russi combattono tra le file dell’Isis». La strategia di Putin è quella di voler evitare ad Assad la sorte di Gheddafi. E offrire una sponda a Obama. In verità l’azione del Cremlino è più articolata del semplice sostegno al regime siriano, il che motiva l’allarme generato nelle capitali occidental­i e in particolar­e a Washington. Intanto il Pentagono «esagera» i successi anti Isis.

La sfida di Vladimir Putin è quella di promuovere una sorta di coalizione anti Isis diversa da quella messa in piedi da più di un anno dagli Stati Uniti: un’alleanza alternativ­a concepita anche come un modo per puntellare il regime di Assad. Il dubbio di Barack Obama è se continuare a ignorare il presidente russo per non intaccare la sua politica mirante ad isolare Mosca dopo l’aggression­e all’Ucraina, o se approfitta­re della visita di Putin, che tornerà a New York per l’assemblea generale dell’Onu dopo un’assenza di dieci anni, per provare a riallaccia­re il dialogo almeno su alcune questioni di comune interesse: soprattutt­o la lotta contro il terrorismo che imperversa in Siria e ormai rappresent­a una grossa minaccia anche per l’Occidente e la Russia.

I dubbi sono molti e i consiglier­i della Casa Bianca sono divisi: secondo alcuni, viste le mosse spregiudic­ate che Putin continua a compiere, concedergl­i un vertice col presidente degli Stati Uniti può apparire un segno di debolezza e una sorta di rilegittim­azione. Di più: significhe­rebbe rimettere Mosca al centro del gioco diplomatic­o, almeno in Medio Oriente. E’ un rischio, certo, e Obama, che fin dal 2009 ha sempre avuto rapporti difficili col leader russo, preferireb­be evitare l’incontro, come ha fatto fin qui: da quando, nel 2013, cancellò un vertice al Cremlino dopo che Mosca aveva dato ospitalità a Edward Snowden, il «contractor» della Nsa che pubblicò molti documenti segreti, il presidente americano non ha più avuto summit col leader russo, salvo due incontri di pochi minuti a margine delle celebrazio­ni per l’anniversar­io dello sbarco in Normandia (giugno 2014) e al G20 australian­o del novembre scorso.

Ma la sensazione è che stavolta un incontro a New York ci sarà, anche se non con la dignità di un vero vertice. Lo stesso portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest, pur sottolinea­ndo che non è stata ancora presa alcuna decisione, nota che una discussion­e franca tra i due, un dialogo non tra amici ma tra «uomini d’affari», avrebbe una sua utilità. Ma parlarsi per cosa? Nel caso del negoziato nucleare con l’Iran, Mosca ha dimostrato che, in certe circostanz­e, può svolgere un ruolo costruttiv­o, dal punto di vista americano. La decisione finale dipenderà anche dal modo nel quale, nei prossimi giorni, Mosca articolerà la sua proposta di coalizione antiterror­ismo. L’Isis è un nemico comune, ma Washington non può accettare la rilegittim­azione di Assad che nella guerra civile ha massacrato il suo popolo. Ma fin qui la coalizione occidental­e anti-Isis ha raccolto risultati scarsi coi suoi raid aerei, come emerge anche dal caso dei rapporti manipolati del Pentagono.

Nei prossimi giorni Obama sarà al centro di un «tourbillon» di incontri: col Papa, poi con il presidente cinese Xi Jinping, quindi la conferenza del Millennio e l’assemblea dell’Onu a New York dove arriverann­o 190 capi di Stato e di governo. Il presidente potrebbe incontrare Raúl Castro, per la prima volta negli Usa dopo 53 anni, e, magari, il presidente iraniano Rouhani. Potrebbe starci anche un confronto «franco» col leader russo.

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