Padoan: Tasi e Imu abolite per gli inquilini Frenata pensioni
Il prossimo anno non si pagherà la Tasi sull’abitazione principale. La cancellazione del tributo per i servizi indivisibili ha un risvolto positivo anche per chi vive in una casa in affitto. A specificarlo è stato ieri il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, nel corso del question time alla Camera. «È corretto un intervento finalizzato all’eliminazione della Tasi sia per i possessori sia per i detentori dell’immobile, evitando disparità tra contribuenti». Il tratto di penna, tramite il quale cancellare le imposte sulla prima casa (sarà eliminata anche l’Imu sugli immobili per cui è prevista), stabilisce insomma che gli inquilini non paghino più la Tasi di loro competenza. Oggi chi vive in affitto concorre al pagamento con una quota tra il 10 e il 30%, in base a quanto stabilito dal Comune di appartenenza. Il resto è a carico del proprietario dell’immobile. Il timore che l’eliminazione della Tasi per gli inquilini si configuri, d’altra parte, come un aumento del carico fiscale sui proprietari (per loro si tratta di seconde case) ha spinto il governo ad accelerare su come disciplinare il taglio annunciato dal premier Matteo Renzi. L’obiettivo dell’esecutivo è fare in modo che quanto pagato dagli inquilini non venga travasato sui proprietari. In pratica, sulle seconde case non dovrebbe aumentare la Tasi. Un punto da cui discende la necessità di quantificare i costi della misura e individuare le coperture. Tradotto vuol dire che la detassazione sulla prima casa potrebbe valere più dei 3,5 miliardi di euro previsti. Padoan ha ribadito che il governo non prevede modifiche
alla riforma Fornero ma «sta valutando la possibilità» di «un nuovo provvedimento di salvaguardia» per gli esodati. In ogni caso esclude l’introduzione di criteri di flessibilità sulle pensioni in uscita. «Una modifica strutturale del sistema andrebbe contro i principi di sostenibilità del sistema stesso», ha spiegato Padoan, aggiungendo che la flessibilità avrebbe «oneri rilevanti e strutturali per la finanza pubblica». L’indicazione del ministro dell’Economia è netta anche in caso di penalizzazioni per chi scegliesse di anticipare la pensione: generano costi per i conti pubblici destinati a «manifestarsi nell’immediato». Obbligando così il governo a trovare le coperture. Padoan ha ricordato che l’aggiornamento del Documento di economia e finanza con le previsioni su cui è incardinata la legge di Stabilità arriverà domani in Consiglio dei ministri. L’intenzione è scongiurare l’avvicinamento del deficit verso il tetto del 3% del Prodotto interno lordo (Pil). A Palazzo Chigi e al Tesoro confidano in un indebitamento a quota 2,6% nel 2015. E, poi, in una graduale diminuzione negli anni a seguire. Un impegno agevolato dalla previsione di rialzo delle stime di crescita del Pil sia nel 2015 (da 0,7% a 0,9%), sia nel 2016 (da 1,4% a 1,6%). Un’indicazione che, però, non coincide con le ultime valutazioni dell’Ocse: secondo l’organismo per la cooperazione e lo sviluppo la ricchezza italiana è destinata crescere nel 2016 dell’1,3%. Resta che nelle intenzioni del governo «la legge di Stabilità faciliterà l’uscita strutturale dalla fase di recessione». Padoan ha spiegato che l’esecutivo sta vagliando la strada più efficace per spuntare ulteriori margini di flessibilità previsti dalle regole Ue. Una modalità che non convince Renato Brunetta. «Ci chiediamo se i commissari europei e il presidente della Ue abbiano qualcosa da dire sulle affermazioni di Renzi secondo cui all’Italia sarebbero già stati concessi 17 miliardi di flessibilità in più rispetto agli obiettivi fissati nel Def di aprile». Brunetta è netto: «L’Italia non ha mai presentato alla Commissione Ue né Def né la legge di Stabilità. Su quali documenti si sarebbe espressa l’Ue secondo la narrazione di Renzi?»