24.000 Il richiamo di Mattarella «Si impegni l’intera Ue, serve piano complessivo»
Il presidente rafforza la linea di Renzi sugli hotspot Squinzi (Confindustria): «Il lavoro prima agli italiani»
Un’emergenza che si fa ogni giorno più acuta e che va affrontata collegialmente, sapendo che «occorre un’assunzione di responsabilità da parte dell’intera Unione Europea». È il presidente della Repubblica a dirlo, da Vienna, offrendo sul dossier migranti un esplicito sostegno alla linea di Matteo Renzi, incalzato da Bruxelles affinché il nostro Paese apra il più in fretta possibile gli «hotspot» (cioè i centri di riconoscimento ed espulsione) mentre Palazzo Chigi vuole invece avere prima delle precise garanzie su rimpatri e rilocalizzazioni. Un pressing rinforzato anche dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, con una secca intimazione ad «accelerare», rivolta a Italia e Grecia.
Per Sergio Mattarella, in realtà, tutto si tiene e si deve tenere, di questo «fenomeno epocale, con dimensioni e ritmi crescenti, che richiede di essere governato non da singoli Paesi, che non sono in condizione di farlo, ma da una gestione comune». Così, eccolo spiegare — e ripetere più volte nell’arco di poche ore — come ormai «serva una risposta comune e complessiva dell’Unione, I migranti da ricollocare dall’Italia verso gli altri Paesi europei secondo il piano di redistribuzione approvato da Bruxelles che riguardi la politica di respingimento in tutti i suoi aspetti e i vari tipi di interventi: dal salvataggio delle vite umane ai rimpatri, alle quote di accoglienza e, appunto, agli hotspot». Questo, aggiunge, «è il solo modo con cui si può avere una risposta efficace».
È insomma necessario un accordo «a 28» che tenga conto delle diverse variabili in gioco e le affronti con uno spirito di condivisione e con una regia unitaria, in grado di distribuire secondo giuste proporzioni il peso di una simile crisi umanitaria. Il capo dello Stato lo puntualizza Su Corriere.it Leggi gli aggiornamenti sulla crisi dei migranti e le reazioni italiane ed europee su www.corriere.it
al suo omologo austriaco, Heinz Fisher (con il quale si è aperta proprio su questo una garbata dissonanza), e subito dopo al premier Werner Faymann, illustrando il punto di vista italiano. Per capirci: Roma non pone alcun veto pregiudiziale a far entrare in funzione i centri d’identificazione (dove sono già acquartierati gli esperti di Easo, Frontex, Eurojust ed Europol), ma questi avranno sul serio un senso quando l’Ue varerà quelle regole e azioni comuni, di cui i centri sono solo uno dei passaggi.
Concetti che ruotano intorno al principio della «reciprocità» e che più o meno rispecchiano quanto sostenuto in serata al Tg3 dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano. «Noi siamo pronti, con gli hotspot, ma le cose camminano insieme. Noi facciamo la registrazione e la separazione tra chi scappa da guerre e persecuzioni e chi invece entra irregolarmente nel territorio europeo, ma vogliamo contemporaneamente che si realizzi la distribuzione in Europa dei 24 mila su cui c’è l’accordo e vogliamo che ci siano i rimpatri». E questo, ha ricordato ancora Alfano, «perché i rimpatri deve farli l’Europa, anzi, li facciamo noi per conto dell’Europa, che, quindi, deve caricarsi del peso economico e politico di organizzarli. Noi facciamo conto che la nostra parola è valida e anche la parola degli altri».
Una prova di forza in cui non sarà facile trovare una sintesi, come dimostra il caos politico che regna in queste ore a Bruxelles e pure in casa nostra, dove ha fatto rumore un’inattesa dichiarazione del presidente di Confindustria, Squinzi: «Il lavoro prima agli italiani». Da Berlino Angela Merkel insiste a chiedere un vertice straordinario — sul quale la Commissione tergiversa — che anche Mattarella invoca con urgenza,
I centri e le regole Roma non pone veti sui centri di registrazione, ma per avviarli servono prima regole comuni
mentre nella Vienna dov’è in visita ufficiale le tv rilanciano le drammatiche immagini degli scontri in Ungheria, dei nuovi controlli alle frontiere di Germania e Austria e della marea di disperati spostatisi adesso verso la Croazia.