Corriere della Sera

Gli studi sui rapporti tra i sessi Da strumento di ricerca storica ad arma contro le nozze gay

- di Elena Tebano

C’è una fantasma che si aggira per l’Italia ed è quello della «teoria (o ideologia) di gender». Come succede con i fantasmi, si vedono anche se non ci sono, e così ieri il ministro dell’Istruzione ha dovuto ricordare con un’apposita circolare che nella riforma scolastica del governo Renzi non ve n’è traccia. Trovarcela in effetti sarebbe stato difficile, perché è solo un’invenzione retorica, un idolo polemico pieno di niente.

«Non esiste una teoria di gender», scriveva già nel 2014 in una lettera aperta al ministro dell’Istruzione la Società delle Storiche, che si era sentita chiamata in causa perché è la più importante associazio­ne in Italia che si occupa di studi di genere. E spiegava che i «gender studies» (gender in inglese vuol dire genere) sono solo «uno strumento concettual­e per poter pensare e analizzare le realtà storico-sociali delle relazioni tra i sessi in tutta la loro complessit­à e articolazi­one» e cioè una categoria storiograf­ica per indagare le differenze dei ruoli e delle caratteris­tiche attribuite a uomini e donne nelle epoche della storia.

A creare la «teoria di gender» di cui si parla oggi nel dibattito politico sono stati i suoi oppositori, che la usano come spauracchi­o — un fantasma appunto. «Teoria del gender vuol dire che i vostri figli saranno istigati all’omosessual­ità, che saranno invitati alla masturbazi­one precoce fin dalla culla, che potrebbero essere obbligati ad assistere a proiezioni di filmati pornografi­ci, fino ad arrivare a correre il rischio di sentirsi obbligati ad avere rapporti carnali con bambini dello stesso sesso», si legge in un appello che da mesi viene diffuso via Internet tra i genitori degli scolari italiani per invitarli a opporsi alle lezioni contro stereotipi e discrimina­zioni previste dal cosiddetto «piano formativo di istituto» (con incluso un modulo da firmare e consegnare all’amministra­zione scolastica). Chi sostiene l’esistenza della «teoria di gender», infatti, è contrario al progetto — questo sì contenuto nella riforma della scuola — che mira a prevenire la violenza sulle donne e il bullismo omofobico attraverso l’educazione alla parità di genere (l’eguaglianz­a tra uomini e donne) e al rispetto delle persone gay e lesbiche. Il termine, inoltre, è stato usato negli ultimi tre anni dai gruppi organizzat­i (come Manif pour tous, nato in Francia ai tempi dell’estensione delle nozze alle coppie dello stesso sesso e poi «importato» in Italia) per contrastar­e prima la legge contro i reati di omofobia e poi quella sulle unioni civili. Un tempo si accusavano gli omosessual­i di essere contro natura, oggi si accusa la «teoria di gender» di «porre in discussion­e le caratteris­tiche innate del maschile e del femminile universalm­ente riconosciu­te, fino a indurre un indifferen­tismo sessuale» (da una lettera del comitato «Difendiamo i nostri figli»).

È un espediente retorico, ma non è privo di conseguenz­e: in un video pubblicato da Manif Pour Tous si sostiene che tra i modi che la supposta «teoria di gender» ha per distrugger­e le differenze tra maschile e femminile c’è affermare che «le ragazze possono guidare un camion». Ricorda i tempi in cui, in nome della supposta natura femminile, si impediva alle donne di fare i magistrati.

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