Io, papà a casa e lei in carriera Il marito di Anne-Marie Slaughter e la scelta di occuparsi da solo dei figli «La parità si costruisce anche così»
l’appoggio possibile alla mia carriera, si prende cura dei nostri figli» (allora di 12 e 14 anni) «per tutta la settimana».
Dopo quell’articolo, Andrew Moravcsik ha continuato a fare quel che aveva, in fondo, sempre fatto. E tre anni dopo, sempre sull’Atlantic, completa la rivoluzione avviata dalla moglie. Dicendo che no, nemmeno gli uomini possono «avere tutto». E devono rendersi conto che la loro felicità, il benessere dei figli e la vera parità dipendono dalla disponibilità a ricoprire il ruolo di «genitore di riferimento».
Che cosa questo significhi, davvero, Moravcisik (pure lui docente di Scienze politiche a Princeton) lo spiega con una precisione che deriva dall’esperienza, e a uso e consumo, con tutta evidenza, dei suoi lettori maschi. Il punto, spiega, non è «aiutare» in casa. È taking the lead, «essere in prima linea»: portare i figli a scuola, frenare
Insieme
Sopra, Anne-Marie Slaughter e Andrew Moravcsik con i due figli Edward e Alexander. A destra, la copertina dell’«Atlantic» del 2012 in cui fu pubblicato il saggio di Slaughter una serie di riflessioni. La scelta del padre per quel ruolo è, negli Usa (e non solo) inusuale. Molti uomini non ci si troveranno a loro agio (scrive proprio così: «troveranno», non «troverebbero»): per le regole diffuse nei posti di lavoro, ma anche e soprattutto per stereotipi psicologici, culturali e sociali tanto più forti quanto più i figli crescono («Un padre giovane che prende il congedo di paternità è adorabile; uno di 50 anni che bada al figlio adolescente desta sospetti»). Il ruolo ha altri svantaggi: è solitario (le reti di «genitori in prima linea» sono prevalentemente femminili) e mette a confronto con «il mantra tipico delle madri lavoratrici: non combino niente di buono, né a casa, né al lavoro». Eppure, scrive Moravcsik, questo ruolo dà molto: un matrimonio più riuscito, una vita più piena, l’assicurazione contro il rimorso di non esserci stati, per i propri figli. «Quando si rivolgono a me come al loro referente primario, sento un orgoglio più profondo di ogni soddisfazione di lavoro». C’è da capire che accadrà, ora, se anche il signor Slaughter dovesse essere sommerso di inviti.
La vicenda
Nel 2012 Anne-Marie Slaughter scrive un saggio sulla rivista «The Atlantic» in cui racconta di dover rinunciare al suo incarico alla Casa Bianca a causa dell’impossibilità di conciliare il lavoro con le esigenze dei due figli adolescenti
Slaughter è stata la prima donna a capo del «Policy Planning» del dipartimento Usa degli affari esteri. Da Washington tornò poi dalla famiglia, a Princeton, e al suo vecchio lavoro di docente universitaria
Il saggio di Slaughter ebbe un tale successo che moltiplicò i suoi impegni lavorativi. Ora il marito Andrew Moravcsik, anche lui professore universitario, racconta sulla stessa rivista la sua esperienza di padre che ha dovuto prendere le redini della vita familiare