Corriere della Sera

SE L’ICONA DELLA LIBERTÀ NEGA IL DIRITTO DI PAROLA

- Di Paolo Salom

L’icona della libertà, ridotta al silenzio per quasi vent’anni, ora — a meno di due mesi dalle elezioni parlamenta­ri in Birmania (8 novembre) — zittisce i suoi stessi candidati: «Vietato parlare con i media per tre settimane», è il diktat del partito di Aung San Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia (Nld). Strano e paradossal­e concetto di che cosa sia una campagna elettorale, in un Paese che, dopo decenni di feroce dittatura militare, sta faticosame­nte cercando di ritrovare un posto di diritto nella comunità delle nazioni. La leadership dell’opposizion­e ha una spiegazion­e per tutto ciò: «Molti dei nostri candidati — ha detto il portavoce Win Myint — facevano promesse ai propri elettori fuori dalla piattaform­a ufficiale». Dunque? «Non si possono fare promesse che poi non saranno mantenute». Benvenuta, Aung San Suu Kyi, nello scivoloso mondo della democrazia. E della responsabi­lità personale. Sconcerta, tuttavia, che il premio Nobel per la Pace, giustament­e riverita nel mondo per il coraggio con cui ha affrontato gli anni della repression­e e degli arresti, sia stata capace di inanellare una gaffe dietro l’altra dal giorno della sua liberazion­e, nel 2010. Prima le critiche sui suoi silenzi a proposito delle aggression­i ripetute e violente da parte della maggioranz­a buddhista contro la minoranza dei Rohingya, apolidi di fede islamica. Poi, e questa è storia recentissi­ma, la sorpresa degli osservator­i nello scoprire che, tra i 1.151 candidati dell’Nld per un posto di deputato, nemmeno uno sia musulmano, quando è stimato che tra il 4 e il 10% della popolazion­e birmana appartenga a questa fede. E adesso il silenzio imposto ai «riottosi» che si discostano dalla linea del partito (la sua). Qualcuno è arrivato a parlare di «dittatura» di Aung San Suu Kyi. Forse è solo scarsa dimestiche­zza con le regole della democrazia. Certo, ogni scivolone marca un punto nel campo degli (ex) generali: e questo non fa ben sperare per la Birmania.

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