Eros, uno show all’attacco
«Musica appiattita, la politica è un caos» Ironie su Renzi. «Roma? Marino non va»
VERONA Lui la terra promessa l’ha trovata. «Hai voglia. Da mo’…», sorride Eros Ramazzotti. «Allora cantavo una voglia di miglioramento e di vivere bene. Per me tutto quello è arrivato, ma vedo intorno molti alti e bassi». Il pop non è certo il campo dove lanciare messaggi, ma Eros Ramazzotti parla a tutto campo. L’occasione è il debutto, ieri sera all’Arena di Verona (repliche domani e sabato) del suo tour mondiale.
Si parte dallo show. A metà delle due ore di concerto c’è «Esodi», pezzo datato 1993 ma che potrebbe essere stato scritto ieri. «Non voglio cavalcare il problema, ma dire che quelle cose che accadevano anche poco più di vent’anni fa, oggi hanno assunto proporzioni bibliche. Bisogna essere aperti, trovare affetto, amore e avere braccia aperte verso chi arriva. Cose che non sempre vedo in Italia», racconta prima di salire sul palco.
Senza filtri. «Renzi è sempre in giro, riuscirà a risolvere i problemi? È necessario un cambio di mentalità nel Paese: vedo ancora tante gente che non vuole lavorare anche se gli si offre la possibilità». Sembra che faccia fatica a sentirsi italiano. «Da tanti anni… Però mi auguro sempre che le cose possano cambiare in meglio. Una volta c’erano le bandiere, dei credo sia a destra che sinistra. Oggi è tutto appiattito. Anche la musica». Romano trapiantato a Milano, sente ancora il legame con la capitale. Soffre nel vederla così. «È sporca altro che caput mundi. Non mi sembra che questo sindaco stia facendo bene», commenta sconsolato.
Alla data zero di Rimini a vederlo c’era anche Aurora, la figlia avuta con Michelle Hunziker. Tutti a chiederle selfie e autografi dopo l’annuncio che condurrà la striscia giornaliera di «X Factor» cui hanno fatto seguito violente critiche sui social network e la difesa pubblica di papà. «Tre anni fa voleva presentarsi come cantante. Le ho detto che prima doveva studiare. Questa cosa mi è piovuta addosso. Non conosco i dirigenti televisivi, forse sarà stato l’entourage della mamma a trovare il contatto. L’importante per me è averle dato, con tutte le difficoltà di una famiglia separata, la giusta strada».
Il concerto punta sulle canzoni. C’è il nuovo album «Perfetto» da far conoscere. «Alcuni brani non hanno funzionato da noi ma in altri Paesi sì». Le sue hit vanno ovunque spinte da 60 milioni di dischi nel mondo. E lui le segue. Una quindicina di date in giro per l’Europa e anche una dozzina nei Paesi dell’ex Urss. «Lì conoscono due nomi: Celentano è come per noi i Rolling Stones e Eros», annota Maurizio Salvadori che produce per Trident questo tour.
Le canzoni si diceva. «La musica per me è fondamentale». E con una band così si può raccontare tutto con il giusto accento. Le prime immagini sono il suo volto trattato con effetti grafici sul pezzo dance che introduce «L’ombra del gigante», tutta eseguita dietro un telo.
Le proiezioni, quasi esclusivamente in bianco e nero. Come gli abiti e il cuore (calcistico). «Veniamo dai concerti di Jovanotti negli stadi e ho sentito la competizione in senso buono: quella che spinge a migliorarsi». Ci sono momenti sognanti e romantici, altri dove la grafica pulsa come il ritmo, testi che scorrono per un karaoke collettivo («Il tempo non sente ragione»), un morphing che passa dall’Eros sbarbatello debuttante a quello sale e pepe di oggi, lo fa diventare barbuto, nero, nativo americano e cyborg («Il viaggio»), una cinematografica sequenza che lo vede nuotare sott’acqua su «Musica è» e accompagna ai bis.
Non voglio certo cavalcare il problema dei migranti, però è vero che queste cose già accadevano poco più di 20 anni fa quando ho scritto il brano «Esodi»